In questa breve analisi intermarket vi mostro alcuni dei grafici che presenterò durante un’intervista al canale Blue Rating martedì pomeriggio per spiegare il mio punto di vista sullo scenario dei mercati finanziari.
Nota 29 marzo 2021: il video completo dell’intervista lo trovate nell’articolo “Asset Allocation: sull’azionario si moltiplicano gli allarmi“.
Indice
Il mio modello di analisi intermarket
I grafici che vedete mettono in relazione strumenti finanziari diversi, anche afferenti a classi di asset differenti, nel più puro stile dell’analisi intermarket. Sono oltre 10 anni che mi occupo di questo tipo di analisi e ho sviluppato un modello composto da 75 strumenti finanziari tra loro correlati che ho chiamato “La Ruota dei mercati” che ho spiegato in un capitolo del libro omonimo.
Come spiego nel libro, l’analisi intermarket inventata da John Murphy stabilisce che il mercato è composto da quattro classi di asset: azionario, obbligazionario, valutario e materie prime; che queste sono correlate storicamente tra loro; e che si muovono influenzate da fattori endogeni ed esogeni, quali la ciclicità dell’economia, la stagionalità delle materie prime, il sentiment degli operatori, le manovre delle banche centrali e le decisioni delle autorità in materia di politica economica, fiscale e monetaria.
L’assunto alla base dell’analisi intermarket di Murphy è che nel lungo periodo i prezzi degli strumenti finanziari non si muovano casualmente, ma agiscano sulla base di una sorta di memoria storica, permettendoci di identificare correlazioni stabili tra loro nel tempo.
Se vi interessa, due volte l’anno tengo un corso di analisi intermarket spiegando il mio metodo. Il corso è impegnativo ma completo e pieno zeppo di esempi tratti dai mercati finanziari e dall’economia del momento. Info a questo link!
Risk-on o risk-off?
Questo grafico mostra 25 anni di storia della battaglia di forza tra azionario USA e materie prime. E’ un rapporto di forza relativa tra S&P500 e CRB Index con le note degli eventi principali degli ultimi 25 anni. Sotto c’è il grafico dell’S&P500. Come si vede, quando il grafico sale siamo in risk-on, ovvero la liquidità privilegia l’azionario. Quando il grafico scende, la liquidità migra verso il porto sicuro delle materie prime.
La cosa interessante è guardare alle divergenze tra rialzo (o ribasso) dell’S&P500 e del ratio. Queste divergenze sono avvenute solo 3 volte in 25 anni ed hanno anticipato il crollo del 2000 (bolla internet), il crollo del 2008 (credit crunch), il minimo del 2009. Adesso come vedete c’è la quarta divergenza. A voi tirare le conclusioni…
Inflazione o no?
Questo grafico si collega al precedente. Mostra l’andamento delle curve dei rendimenti dei bond sovrani americani a 2, 5, 10 e 30 anni dal 1997 a oggi (sopra) e (sotto) S&P500 in scala logaritmica e l’indice PMI Manufacturing USA.
La teoria vuole che in una economia in crescita il PMI sia rialzista e i tassi di interesse seguano al rialzo per accompagnare la crescita economica ed evitare il surriscaldamento del sistema. Quando il PMI diverge dall’andamento del S&P500 solitamente indica che qualche cosa “non va”. E’ successo prima della crisi del 2000, prima del 2008 e prima del covid-19. A questo aggiungiamo l’analisi delle curve dei tassi.
La teoria vuole che i tassi di lungo siano sempre superiori ai tassi a breve. Se c’è un avvicinamento violento o peggio un’inversione come nel 2000 e nel 2007 c’è qualcosa “che non va”! Oggi invece vediamo le quattro curve allontanarsi molto velocemente dai minimi.
Quindi, tassi in rapido rialzo indicano il rischio di una fiammata inflattiva, magari scatenata dalle materie prime che stanno scaldando i motori acquisendo forza contro l’azionario.
Europa o USA?
Detto questo, i segnali “che qualcosa non va” si stanno accumulando ma il trend dell’azionario americano è ancora bello impostato al rialzo. Su questo non temo smentite, basta guardare il grafico dell’S&P500. Ma queste “spie rosse” che iniziano ad accedersi nello scenario intermarket (e ve ne ho fatte vedere solo due) mi dicono di aumentare la prudenza.
Allora, volendo restare ancora sull’azionario, conviene il mercato americano o quello europeo? Per rispondere usiamo un altro indice di forza relativa che mette a confronto l’Eurostox600 con l’S&P500, due indici azionari tra loro comparabili e che rappresentano bene le economie delle due sponde dell’Oceano Atlantico.
Nel grafico vediamo l’indice di forza relativa con sotto un MACD e un RSI classico. Notiamo che dal 2016 a oggi il mercato europeo ha sottoperformato quello americano (trend ribassista) ma… da settembre 2020 vediamo la formazione di un “rounding bottom” con oscillatori in divergenza rialzista. Questo mi fa supporre lo sviluppo di forza dell’Europa che potrebbe diventare più appetibile per gli investitori. Bisogna aspettare la violazione al rialzo della trendline storica e poi la vecchia (e vituperata) analisi tecnica ci darà dove investire.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo visto solo tre dei tanti grafici di cui parlerò nei 30 minuti di intervista a Blue Rating TV. L’intervista verrà registrata martedì pomeriggio e poi messa in onda nei giorni seguenti. Vi segnalerò quando sempre su questo sito.
Nel frattempo spero di avervi dato qualche spunto di riflessione sui mercati e sull’analisi intermarket. I grafici sembrano complessi alla prima occhiata ma vi assicuro che permettono si trovare quei piccoli segnali che il mercato ci mette sotto al naso ogni giorno senza che il 90% degli operatori se ne accorga. Per sviluppare grafici così articolati io utilizzo la piattaforma Tradingview.com dove trovate anche le mie analisi sul mio profilo “Investirobot“.
Tornando all’analisi, le “spie rosse” che vi ho mostrato (sono alcune di quelle di cui parlerò in televisione) indicano di aumentare la prudenza sui mercati azionari. Non di uscirci di corsa, ma almeno di ridurre l’esposizione perché qualcosa sta cambiando.
Il tempo ci dirà se il modello intermarket “Ruota dei Mercati” funziona ancora bene dopo oltre 10 anni di segnali quasi sempre azzeccati. Buona settimana e buon trading a tutti!