Ucraina, autoveicoli e materie prime. Ospitiamo il contributo di Gianluca Di Loreto, Partner Bain & Company.
Il mercato europeo dell’auto sta risentendo della crisi internazionale in corso, che si aggiunge agli shock dovuti alla pandemia e alla conseguente crisi dei semiconduttori. Ma per quale motivo ne risente, dal momento che Russia, Bielorussia e Ucraina non sono mercati di acquisto così significativi? Infatti, questi tre Paesi, complessivamente, attirano circa il 2% delle vendite globali di vetture. La ragione è che questi Paesi sono in realtà cruciali nel meccanismo di approvvigionamento del comparto, soprattutto per quanto riguarda una serie di materiali e commodities assolutamente centrali per la produzione di autoveicoli.
Basti pensare che il 100% del palladio – componente chiave per le marmitte catalitiche – scambiato a livello globale, e il 36% del nichel mondiale – elemento chiave per le batterie dei veicoli elettrici – provengono da queste aree.
Questo contesto pone grandi sfide: negli ultimi due anni le interruzioni della catena di approvvigionamento sono state molto più frequenti, prima con il COVID, poi con la crisi globale di chip, seguita da altri shock, ad esempio i sistemi di cablaggio, ora mancanti.
Eventuali trasferimenti di produzione potrebbero richiedere da 3 a 10 mesi, a causa dei tempi di attesa per i macchinari e la formazione del personale. Fino a 1 milione di veicoli sarà colpito dalla carenza di cablaggi e prevediamo che, nonostante la produzione di processori incrementerà in modo significativo nei prossimi 9-12 mesi, la crisi in Ucraina inciderà in modo significativo sulla filiera, in particolare per quanto riguarda la produzione di veicoli. Questo avrà un impatto sulle Case Auto che dovranno impegnarsi in un ripensamento a tutto tondo delle forniture e dei paradigmi consolidati. Va anche considerato che il calo della domanda europea dovuto alla guerra potrebbe in qualche modo rappresentare, nel medio termine, una sorta di “palliativo” alla carenza di componenti e allo scompenso domanda-offerta.
Nel 2022 e nel 2023 l’impatto sarà principalmente legato alla perdita di vendite dirette in Russia, Bielorussia e Ucraina. Dopo il 2024, l’impatto sarà legato alle ripercussioni economiche generali della guerra. Tuttavia, l’impatto della guerra sarà differente per area: l’Europa sarà la zona maggiormente colpita, data la vicinanza geografica e le connessioni locali nella catena di approvvigionamento. Canada, Messico e Stati Uniti avranno un impatto contenuto nell’immediato, con qualche rischio di rallentamento economico a medio termine. In Cina si potrebbe verificare a breve termine una riduzione moderata delle vendite, principalmente a causa del rinnovato blocco di COVID.
“La crisi ucraina sottolinea l’urgenza per le aziende di rafforzare la propria resilienza operativa. Questo conflitto si inserisce in un più ampio contesto di trend importanti che stavano già avendo un impatto significativo sul settore automobilistico: primo fra tutti, l’elettrificazione”, continuaDi Loreto.
In questo scenario, la visione tradizionale delle catene di approvvigionamento deve cambiare e i player del settore – per avere successo – devono abbracciare una visione end-to-end che colleghi la strategia della supply chain agli obiettivi aziendali generali.
“La digitalizzazione dei processi diventerà imprescindibile per aumentare la flessibilità operativa, così come l’ottimizzazione delle scorte ed un monitoraggio più puntuale di tutta la filiera a monte, con rotte di approvvigionamento più corte, saranno elementi sempre più irrinunciabili. Un esempio pratico: da un sistema con hub globali che riforniscono i diversi impianti dislocati nel mondo, alcune aziende stanno già valutando un approccio più regionale, dove ogni zona geografica abbia una sua indipendenza produttiva gestita da processi decisionali decentrati”, conclude Vittorio Melli, Senior Manager Bain & Company.