Il mondo è sull’orlo di un terremoto geopolitico? O è solo una crisi di nervi passeggera? Qualcuno ci capisce qualcosa di tutto quello che sta succedendo in così breve tempo? Non sembra, guardando allo smarrimento dei politici e dei governanti europei!
Forse la lunga analisi a cura di Anthony Willis, Investment Manager di Columbia Threadneedle Investments, non risolverà tutti i nostri dubbi ma sicuramente ci aiuterà a fare un poco di chiarezza nell’intricata situazione attuale e a capire i relativi impatti sui mercati finanziari globali.
Tettonica a placche, vulcani e terremoti non sono argomenti normalmente associati con la politica e l’economia, ma questi concetti possono essere usati per descrivere i cambiamenti sismici che stiamo osservando nella geopolitica, con l’alleanza transatlantica del secondo dopoguerra che vacilla sotto le priorità politiche del Presidente Trump. Ancora una volta, se si prendono per buone le parole della squadra di Trump, si rischia di trarre conclusioni affrettate, ma è evidente che la retorica “America First” è destinata ad avere conseguenze significative per la difesa dell’Europa, con il “backstop” statunitense tutt’altro che garantito.
Con l’inizio dei colloqui tra Stati Uniti e Russia, la settimana appena trascorsa ci ha offerto molti segnali sulle priorità politiche del governo statunitense in termini di come il Presidente Trump intende un percorso di pace in Ucraina. Venerdì scorso, alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera, il vicePresidente J.D. Vance ha dichiarato, senza mezzi termini, che le minacce all’Europa non provengono dalla Russia o dalla Cina, ma “dall’interno”. Con le delegazioni di Stati Uniti e Russia destinate ad incontrarsi il martedì successivo, i leader di Paesi europei ed Ucraina hanno espresso una forte frustrazione per non essere stati invitati al tavolo delle trattative, temendo che gli Stati Uniti e la Russia possano “spartirsi” l’Ucraina senza alcun contributo da parte delle parti più colpite e che l’Ucraina sia costretta ad accettare la perdita di territorio senza alcuna garanzia di sicurezza per il futuro.
I primi colloqui tra Stati Uniti e Russia si sono svolti martedì a Riyadh, in Arabia Saudita, e hanno visto la partecipazione del Segretario di Stato statunitense Marco Rubio e del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. L’incontro ha rappresentato il primo colloquio tra funzionari di alto livello tra i due Paesi dall’invasione russa dell’Ucraina, avvenuta quasi tre anni fa, segnando un’inversione di tendenza nelle relazioni rispetto a quanto accaduto negli ultimi quattro anni sotto la presidenza Biden. Le parti hanno concordato nel nominare “alcuni gruppi di lavoro composti da membri di alto livello che lavorino su un percorso per porre fine al conflitto in Ucraina il prima possibile in modo che la pace possa essere duratura, sostenibile e accettabile per tutte le parti”.
Esprimendo la sua frustrazione per essere stato escluso dai colloqui, il Presidente ucraino Zelensky ha dichiarato che “nessuno potrà decidere senza consultarci”. Il Presidente Trump ha ribattuto dicendo che “è passato molto tempo dalle ultime elezioni” in Ucraina, aggiungendo che “la leadership (di Zelensky) ha permesso che ci fosse un conflitto che non sarebbe mai dovuto accadere”. Trump ha dichiarato di essere “molto deluso” dal fatto che l’Ucraina sia “arrabbiata per non aver avuto un posto” ai colloqui, aggiungendo che l’Ucraina “non avrebbe mai dovuto iniziare la guerra; avreste potuto raggiungere un accordo”. In risposta, Zelensky ha affermato che l’Ucraina sta subendo una campagna di “disinformazione” da parte della Russia e, con tutto il rispetto per il Presidente Donald Trump come leader, “sta vivendo in questa disinformazione”. Trump ha reagito definendo Zelensky “un dittatore senza elezioni” e ha aggiunto che “Zelensky dovrebbe muoversi in fretta, o non gli rimarrà un Paese”.
I leader europei, invece, si sono riuniti lunedì e mercoledì per discutere di una risposta congiunta. Il secondo incontro è stato convocato dopo che i leader sono stati informati sui colloqui tra Stati Uniti e Russia da Marco Rubio. I leader europei non sembrano essere molto concordi sulle prossime mosse e sul ruolo dell’Europa nel garantire la pace in Ucraina, né sulla necessità di assumersi maggiori responsabilità per la propria difesa, ora che gli Stati Uniti sembrano avere altre priorità. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha proposto una “forza di rassicurazione” che stazionerà dietro, e non sulla, futura linea di cessate il fuoco in Ucraina. Il Primo Ministro britannico, Keir Starmer, ha dichiarato che il Regno Unito “è pronto e disposto a contribuire alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina, mettendo a disposizione le proprie truppe sul campo, se necessario”, ma ha affermato che “ci deve essere un backstop statunitense. Una garanzia di sicurezza statunitense è l’unico modo efficace per dissuadere la Russia dall’attaccare nuovamente l’Ucraina”. Tuttavia, il Cancelliere tedesco Scholz ha definito le discussioni sul dispiegamento di truppe “completamente premature”. Il Presidente Macron ha parlato con Trump dopo i colloqui e Keir Starmer incontrerà Trump la prossima settimana a Washington, seguito da ulteriori colloqui con altri leader europei.
Le politiche dell’amministrazione Trump nell’avviare questi colloqui hanno messo a repentaglio due principi chiave in vigore dal momento dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. In primo luogo, l’unità dei leader occidentali di fronte all’aggressione russa e, in secondo luogo, il coinvolgimento dell’Ucraina nel proprio destino. Gli Stati Uniti hanno già fatto diverse concessioni durante questi colloqui, mentre la Russia non ne ha fatta nessuna. Gli Stati Uniti hanno promesso visite reciproche tra i presidenti di Washington e Mosca, Trump ha invitato la Russia a rientrare nel G7 e ha promesso che l’Ucraina non avrebbe ripristinato i confini prebellici e che non ci sarebbe stato alcun percorso verso la sua adesione alla NATO una volta raggiunto il cessate il fuoco. Trump ha chiaramente fretta di concludere un “accordo”, mentre Putin non ha fretta e non è disposto a scendere a compromessi.
È troppo presto per provare a trarre conclusioni su ciò che questo significherà per l’Europa occidentale, per l'”alleanza transatlantica” e, soprattutto, per il sostegno degli Stati Uniti alla difesa europea attraverso la NATO. La situazione, come sempre quando è coinvolto il Presidente Trump, rimane fluida e confusa, e sarà importante separare le parole dalle azioni per valutare ciò che l’Europa deve fare per difendersi. I leader europei devono prendere atto del fatto che il loro principale garante della sicurezza degli ultimi 75 anni non è solo distante, ma al limite dell’ostilità. Ciò significa che l’Europa deve affrontare sfide significative in termini di rafforzamento della propria difesa e di sostenimento dei costi.
Sebbene molti Paesi europei stiano rispettando l’impegno di spesa per la difesa del 2% del PIL, previsto dalla NATO, è probabile che in futuro questa cifra debba essere significativamente più alta, mettendo ulteriormente sotto pressione le già stressate finanze pubbliche. Nel Regno Unito, ad esempio, la spesa per la difesa era pari al 4% del PIL nel 1989, mentre oggi è del 2,3% con l’obiettivo di raggiungere il 2,5% entro il 2030. Se il Regno Unito volesse tornare ai livelli di spesa del 1989, in rapporto al PIL, avrebbe bisogno di una spesa aggiuntiva di 70 miliardi di sterline all’anno.
Sarà necessario un uso innovativo delle finanze pubbliche e si parla già di emissione di debito comune europeo per finanziare questa spesa. Le priorità di bilancio sono cambiate in modo significativo nei 35 anni trascorsi dalla caduta del Muro di Berlino, ma i leader europei si trovano ad affrontare un nuovo scenario geopolitico in cui sia la Russia che gli Stati Uniti sono più che felici di vedere l’Europa subire il peso politico ed economico di andare avanti da sola.
L’Europa ha chiaramente bisogno di una forte leadership politica e nel prossimo fine settimana, con le elezioni in Germania, potremmo fare qualche passo avanti in questo senso. Le elezioni tedesche eleggeranno un nuovo parlamento e probabilmente un nuovo Cancelliere; il partito CDU/CSU di Friedrich Merz è nettamente in vantaggio sui sondaggi rispetto ad Olaf Scholz del partito SPD. Probabilmente, per formare un governo sarà necessaria una coalizione, un processo che in passato ha richiesto diversi mesi. Questa volta, la situazione potrebbe essere complicata dal partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), che secondo i sondaggi potrebbe ottenere il 20% dei consensi, ma che è improbabile entri a far parte di un governo, dal momento che gli altri partiti si rifiutano di lavorare con loro. I politici tedeschi devono affrontare sfide interne a causa della debolezza dell’economia, frenata da un settore manifatturiero che sta subendo il doppio colpo della debolezza della domanda cinese e dell’aumento dei prezzi dell’energia.
L’economia tedesca ha un disperato bisogno di stimoli economici, ma la Schuldenbremse (freno al debito) costituzionale limita il deficit di bilancio annuale allo 0,35% del PIL. Questo dato è in contrasto con l’attuale deficit di bilancio francese, pari al 6,1% del PIL. Questo freno al debito è stato introdotto dopo la crisi finanziaria, quando il debito era pari all’80% del PIL; successivamente il debito è sceso a circa il 60% del PIL, ma l’economia è in difficoltà, non da ultimo a causa del conflitto in Ucraina, che ha ridotto la dipendenza del settore manifatturiero dal gas russo a basso costo. È probabile che il mercato risponda positivamente ad un nuovo governo di coalizione che sia intenzionato ad allentare il freno al debito, anche se questa aspettativa sembra essere già stata “prezzata”, con il principale indice azionario tedesco, il DAX, già in rialzo di poco più del 12% quest’anno.
Passiamo ora ai dati economici, con un focus sul Regno Unito e ai dati sull’inflazione e sull’occupazione pubblicati questa settimana. I dati sull’inflazione hanno visto l’IPC di gennaio raggiungere il valore massimo degli ultimi 10 mesi, pari al 3,0%, superiore alle aspettative, grazie all’aumento dei prezzi dei generi alimentari, delle tariffe aeree e all’introduzione dell’IVA sulle rette delle scuole private. L’IPC dei servizi è salito dal 4,4% di dicembre al 5,0% di gennaio. Nei prossimi mesi si prevede un’ulteriore crescita dell’IPC, principalmente a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia. I dati sull’occupazione, che hanno mostrato un tasso di disoccupazione invariato al 4,4%, hanno anche evidenziato le pressioni inflazionistiche, con un aumento dei salari medi del 5,9% a dicembre. All’indomani della pubblicazione dei dati, le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Bank of England non sono cambiate: i mercati continuano a prevedere tagli per 50 punti base entro la fine dell’anno, anche se la probabilità di un taglio il mese prossimo è diminuita, mentre maggio è considerato più probabile per il prossimo taglio dei tassi.
Come ogni settimana, non poteva mancare un accenno alle tariffe: questa volta è stato il Presidente Trump a pronunciarsi, promettendo tariffe significative su auto, chip e prodotti farmaceutici. Per quanto riguarda il settore automobilistico, Trump ha dichiarato: “Ve lo dirò probabilmente il 2 aprile, ma sarà nell’ordine del 25%”. Per quanto riguarda i chip ed i prodotti farmaceutici, invece, Trump ha detto che “saranno del 25% e più, e aumenteranno sostanzialmente nel corso dell’anno”. Trump ha anche sottolineato che gli aumenti successivi saranno finalizzati a dare alle aziende “una possibilità” di delocalizzare le proprie attività negli Stati Uniti. Se Trump si atterrà alle date indicate, le prossime sei settimane dovrebbero fornire una maggiore chiarezza sulla reale entità dei dazi. All’inizio di marzo dovrebbero entrare in vigore le tariffe del 25% su Canada e Messico, seguite poco dopo da quelle su acciaio ed alluminio. All’inizio di aprile dovrebbero poi entrare in vigore le già citate tariffe su auto, chip e prodotti farmaceutici; contestualmente, dovrebbero arrivare le informazioni riguardo alle tariffe globali reciproche promesse da Trump.
Foto di copertina di nastyasensei per Pexels.com
DISCLAIMER: Tutti i contenuti di questo sito non intendono in alcun modo costituire sollecitazione al pubblico risparmio oppure consulenza all’investimento in titoli azionari, contratti future, opzioni, fondi comuni o in qualsiasi altro strumento finanziario. L’attività del sito non costituisce consulenza personalizzata così come indicato dal D.Lgs. 58/98, così come modificato dal successivo D.Lgs. 167/2007. Chi scrive non conosce le caratteristiche personali di nessuno dei lettori, in specie flussi reddituali, capacità a sostenere perdite, consistenza patrimoniale. Tutti i contenuti del sito hanno solo scopi didattici, educativi e informativi. Gli argomenti riguardano l’analisi fondamentale e tecnica, i commenti sui mercati, la casistica operativa, piani di trading, ecc., ma non forniscono segnali di acquisto o vendita sui vari strumenti finanziari, né indicazioni per la gestione diretta o indiretta del capitale di terzi. Pertanto, chi legge i contenuti del sito riconosce la propria esclusiva responsabilità delle eventuali e successive azioni. Le informazioni finanziarie presenti nascono da conoscenze ed esperienze personali degli autori, che conducono inevitabilmente a valutazioni strettamente soggettive, parziali e discrezionali. Tutti i contenuti sono quindi passibili di errori di interpretazione e valutazione, come avviene per qualsiasi opinione personale. È possibile che chi scrive sia direttamente interessato in qualità di risparmiatore privato all’andamento dei valori mobiliari trattati in questo sito e svolga attività di trading o investimento in proprio sugli stessi strumenti citati, e quindi si trovi in conflitto di interesse con i lettori. Si ricorda che i rischi di perdite legati all’attività di trading possono essere molto elevati e arrivare ad azzerare il capitale impiegato. L’investitore deve considerare attentamente i rischi inerenti all’attività di trading e investimento alla luce della propria situazione finanziaria. Infine, si precisa che questo sito internet non rappresenta una testata giornalistica ai sensi della L. 62/2001 poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Riteniamo che le immagini utilizzate a corredo dei post siano di pubblico dominio. Qualora invece dovessero essere coperte da diritti siete pregati di avvertirci (info@investireinmegatrend.it) e provvederemo a rimuoverle immediatamente.