La posizione presa dall’autore con questo libro è decisamente scomoda. E ha fatto fare salti sulla sedia a più di un ambientalista puro. Eppure è un testo che vale la pena leggere, anche se è di qualche anno fa. Si intitola “Elogio del petrolio” (Feltrinelli, 300 pagg.) e l’autore è Massimo Nicolazzi. Autore di vari libri incentrati su petrolio e combustibili fossili, ha oltre 35 anni di esperienza in Eni e Lukoil, è stato presidente di Centrex e ora è senior advisor di ISPI e professore all’Università di Torino, oltre che nel comitato scientifico di Limes.
Il tema dell’abbandono del petrolio è all’ordine del giorno da parecchi anni e la cosiddetta transizione verde ne è lo strumento principale. Però, come spiega anche Nicolazzi, sarà una scelta costosa, tutt’altro che indolore e probabilmente un salto nel buio.
Del resto finora è stato anche per merito del petrolio e dei suoi derivati che la popolazione mondiale ha continuato a moltiplicarsi. Si pensi che, secondo i dati di A. J. Coale, nel 1600 c’erano poco meno di 600 milioni di individui al mondo, triplicati in 300 anni circa (1,6 miliardi a inizio ‘900). Ma sono bastati poco più di 100 anni per moltiplicarli di 5 volte, visto che ora siamo 8 miliardi circa.
Certo il motore elettrico appare migliore di quello a combustione interna, ma di certo non è quel modello di sostenibilità che si affannano a mostrare. Sia per la produzione e successivo smaltimento delle batterie sia per la fonte di produzione dell’energia elettrica (ancora per gran parte da fonti fossili).
Senza contare che una recente ricerca della George Washington University (pubblicata sulla rivista accademica Joule), scopre (ma sinceramente non mi sembrava così difficile da capire) che chi guida l’auto elettrica la utilizza meno dei veicoli a motore termico (circa 8mila km in meno l’anno). Del resto se si acquista l’auto elettrica come seconda auto di casa la cosa appare evidente. E quindi tutti i calcoli sulle mancate emissioni dovute alla sostituzione dei veicoli endotermici con quelli elettrici vanno rivisti in toto.
Ecco che così il petrolio resta in auge (se mai si era pensato di accantonarlo). Non una buona notizia sul fronte dell’inquinamento, certo, ma è anche vero che abbandonare i fossili per le energie verdi non è una passeggiata. E Nicolazzi ce lo spiega con dovizia di particolari e di esempi. Che ricorda come la transizione creerà disuguaglianze molto più forti rispetto all’eguaglianza del petrolio che ha consentito a miliardi di individui di potersi muovere in libertà e autonomia guidando un’auto a combustione interna acquistata a prezzi sicuramente più accessibili.
Nel frattempo la produzione di petrolio negli Usa ha segnato ad agosto il nuovo record storico a 13,1 milioni di barili al giorno, superando il precedente massimo segnato prima della pandemia, nel 2019. E anche i mercati non sembrano credere troppo all’abbandono e infatti la nuova fase di consolidamento dei giganti dell’oil prosegue, con Exxon e Chevron che hanno messo sul piatto oltre 100 miliardi di dollari per comprare altre due società quotate del settore. Mentre l’indice Stoxx Oil & Gas in cinque anni ha guadagnato oltre il 50 per cento.
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