Costruire un portafoglio d’attacco sul mercato azionario, con Lusso e Tech. Tematiche che si rifanno ai megatrend demografici e tecnologici.
I due settori hanno avuto un andamento nettamente divergente lo scorso anno: il primo ha subito il contraccolpo del lockdown, con alcune aree in calo del 20%, il secondo ha evidenziato la propria resilienza.
Il Lusso in portafoglio
“Tuttavia, i risultati del primo trimestre del 2021 mostrano dei segnali incoraggianti per il settore, grazie soprattutto all’eccezionale ripresa del mercato statunitense” interviene Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki, società di asset management ginevrina specializzata nella gestione di grandi patrimoni.
“Le politiche fiscali di Biden, che negli scorsi giorni ha proposto un budget da 6000 miliardi di dollari per il prossimo anno, prospettano ora uno scenario moderatamente ottimista, e il ritorno ai livelli del 2019 potrebbe avvenire già da quest’anno, con un mercato globale stimato tra i 280 ed i 295 miliardi di euro”.
I driver che spingono il settore
Ci sono infatti due potenti driver a indirizzarne l’andamento. “Il primo è la Cina, uscita meglio del mondo occidentale dalla crisi pandemica: i consumatori cinesi nel 2019, pesavano poco più del 10% su base globale, ma entro il 2025 potrebbero rappresentare fino al 28% circa del mercato” riassume Calef.
“Il secondo è costituito dal digitale: nel 2019 gli acquisti online valevano l’11%, per il 2025 la quota potrebbe quasi triplicare e raggiungere il tetto del 30%. La forza dell’E-Commerce, inoltre, sta permettendo anche la crescita di un fenomeno promettente e attento ai temi della sostenibilità, ovvero quello del reselling. Kering, a marzo, ha guidato un round di finanziamento di 216 milioni di dollari a favore del sito di rivendita di beni di lusso francese Vestiaire Collective, una piattaforma che nel 2020 ha più che raddoppiato le sue entrate”.
Tech, resiliente e Growth
La seconda gamba del portafoglio d’attacco su lusso e tech è rappresentata proprio dalla tecnologia. Il settore è uscito vincitore dalla pandemia con un’espansione senza precedenti.
“Le cosiddette big tech statunitensi, ovvero le 5 top holding dell’S&P 500, ovvero Amazon, Apple, Alphabet, Facebook e Microsoft, valgono oltre il 20% della market cap totale dell’indice e hanno continuato ad accumulare profitti” dettaglia il Country manager di Notz Stucki. “Ad esempio Apple nei primi tre mesi del 2021 ha aumentato il giro d’affari del 54% rispetto ad un anno fa, mentre gli utili netti sono più che raddoppiati”.
Certo, lo scenario potrebbe ora farsi più complicato. Le autorità antitrust vorrebbero arginarne il monopolio e limitarne l’influenza in alcuni settori per favorire la concorrenza. In Francia sono stati rilevati rischi per i player attivi nei pagamenti digitali (visto che offrono servizi finanziari senza essere soggetti agli stringenti vincoli regolamentari imposti alle banche). Infine anche l’Unione Europea ha avviato provvedimenti legislativi per contrastare le pratiche di concorrenza sleale e obbligare a filtrare i contenuti veicolati sulle piattaforme online.
Stock picking nel Tech
“Il contesto attuale sembra offrire ancora opportunità per i colossi tecnologici, in quanto alcuni stanno diversificando i business,mentre altri presentano valutazioni azionarie ragionevoli rispetto ai peer” interviene Calef.
Qualche esempio? “Amazon acquisirà la casa cinematografica Metro Goldwyn Mayer, per 8,45 miliardi di dollari e avrà così nuove fonti di ricavo dallo streaming digitale, potendo contare su un catalogo di film, serie TV e programmi televisivi. Tuttavia, il titolo Amazon potrebbe essere ritenuto caro per alcuni investitori, con un multiplo sugli utili stimati a 12 mesi pari a 56x circa, a fronte di un 27,5x del Nasdaq 100.
Tra le cinque Big Tech, invece, è stato osservato che Alphabet presenta dei multipli più interessanti, con un P/E di 27,7x, in linea con l’indice. Inoltre, la società genera stabili flussi di cassa grazie soprattutto ai servizi di advertising digitale, dato che con la pandemia le aziende hanno incrementato i propri budget destinati alle pubblicità online”.