Il 30 agosto abbiamo pubblicato una lunga analisi di UBP che spiegava i fattori di crescita del prezzo dell’oro. Analisi che ha avuto molto successo tra i lettori che sembrano essere sempre più attratti dalla nuova bolla speculativa che si sta creando sul metallo giallo, grazie anche ai target che si leggono sempre più spesso su Internet. L’ultimo che abbiamo letto su un sito parlava di “oro a quota 20.000 dollari oncia“, mentre un analista meno visionario parla nei suoi report di “oro a 3.000 dollari oncia“. Quando poi non si sa, perché al target monetario non è associato nessun target temporale. Non facciamo i nomi di questi guru (a stelle e strisce) che magari nel medio o lungo termine avranno ragione. O forse no. D’altronde, a ottobre 2008 quando l’oncia d’oro valeva intorno a 700 dollari e il mondo sembrava sull’orlo del baratro, se un analista che vi avesse consigliato di acquistare perché quindici anni dopo l’oro avrebbe superato i 2.500 dollari cosa avrete fatto? Acquistato oro oppure mandato al diavolo l’analista?
Fatta questa premessa, oggi pubblichiamo l’interessante analisi di Michaël Lok, Group CIO e Co-CEO Asset Management di Union Bancaire Privée (UBP) che va oltre all’investimento in oro e ci spiega quali settori ci permettono di proteggere i nostri soldi in caso di un evento estremo (ma tanto esorcizzato) quale potrebbe essere una recessione negli USA o qualche sconvolgimento del mercato dopo le elezioni presidenziali di novembre sempre in USA o per qualche causa geopolitica nei teatri di guerra calda e fredda che tutti conosciamo.
La debolezza dei dati sul lavoro negli Stati Uniti e l’esaurimento del carry trade sullo yen giapponese hanno innescato all’inizio del mese un sell-off del mercato, con conseguente aumento della volatilità. Tuttavia, potrebbe essere troppo presto per comprare approfittando del ribasso, dato che i rischi all’orizzonte stanno aumentando.
Durante il simposio di Jackson Hole, che si è tenuto questo fine settimana, la Federal Reserve ha fatto chiarezza sui tempi e sulla portata del suo imminente ciclo di tagli dei tassi. Tuttavia, si profilano importanti sfide a causa delle imminenti elezioni statunitensi e dei crescenti rischi geopolitici, come i conflitti che coinvolgono Israele e l’Iran, la Russia e l’Ucraina e potenzialmente Taiwan, oltre all’indebolimento del dollaro USA.
La crescita globale dovrebbe rimanere robusta, intorno al 3,2%, ma si prevede che negli Stati Uniti il ritmo dovrebbe cambiare, mentre in Europa e nei mercati emergenti i driver di crescita rimangono fragili.
Gli Stati Uniti hanno registrato un netto rallentamento alla fine del secondo trimestre. La fiducia delle famiglie e dell’industria si è indebolita e l’attività è stata più volatile sia dal lato dell’offerta che da quello dei consumatori, con un elevato turnover tra i settori. Nella seconda metà dell’anno, la crescita dovrebbe scendere ben al di sotto del 2%, permettendo al mercato del lavoro di riequilibrarsi, con un probabile aumento del tasso di disoccupazione, ma anche un rallentamento dei prezzi degli affitti e dei servizi. In attesa della nuova situazione politica che seguirà alle elezioni presidenziali, la crescita dovrebbe attestarsi tra l’1,5% e il 2% nei prossimi trimestri.
Negli Stati Uniti, l’aumento della disoccupazione e il calo dell’inflazione dovrebbero consentire alla Fed di tagliare i tassi già a settembre, come suggerito dal governatore Powell. La strategia della Fed è più equilibrata, vista la tenuta dei prezzi nel settore dei servizi e il marcato rallentamento dell’attività economica.
Sebbene il recente sell-off abbia corretto le valutazioni del mercato azionario (in particolare per le società tecnologiche a grande capitalizzazione), permangono all’orizzonte difficoltà per l’asset class. Tra queste, le elezioni statunitensi, le tensioni geopolitiche che coinvolgono Israele e Iran, Russia e Ucraina, il rallentamento della crescita economica statunitense e le elevate aspettative di crescita degli utili.
Anche se la crescita degli utili nella prima metà dell’anno ha battuto le aspettative (S&P 500 EPS Q1 +6% rispetto al +3% previsto e Q2 +11,5% rispetto al +9%), questo è ascrivibile alla favorevole base di confronto rappresentata dai dati di un anno fa e al contesto economico solido. Il confronto con l’anno precedente diventerà più difficile per il Q3 e il Q4 (dove si prevede una crescita degli EPS rispettivamente del +6% e del +16%), mentre l’economia è destinata a rallentare. Inoltre, per il 2025 si prevede un’accelerazione della crescita degli utili (+15% rispetto al +11% del 2024), che al momento sembra troppo ottimistica.
Pertanto, non stiamo acquistando l’attuale calo del mercato azionario e sfrutteremmo un eventuale rimbalzo tecnico per riposizionare i portafogli verso aree di mercato più difensive, costituite da società con un’elevata visibilità dei ricavi e degli utili, nonché beneficiarie di una crescita strutturale. In questo contesto, abbiamo aumentato i nostri rating interni settoriali sulle utility e sull’healthcare, la cui crescita degli utili è relativamente immune ai rallentamenti economici e quindi più protetta dal rischio di revisioni degli utili al ribasso. Inoltre, questi due settori sono percepiti come proxy del mercato obbligazionario e dovrebbero beneficiare del miglioramento del sentiment del mercato in un contesto di riduzione dei tassi. Questi upgrade si aggiungono alla nostra costante convinzione sulla tecnologia, che continua a essere un settore sostenuto da una crescita strutturale.
A livello regionale, abbiamo abbassato il nostro livello di convinzione sulle azioni giapponesi a causa dell’incertezza a breve termine (il continuo esaurimento del carry trade) e della potenziale forza dello yen. Con l’apertura della Bank of Japan a un rialzo dei tassi di interesse, resta da vedere se questo sarà positivo o negativo per l’economia giapponese, anche se l’aumento dei tassi di interesse è semplicemente il risultato della normalizzazione economica dopo un lungo periodo di politica monetaria espansiva. In un contesto di rallentamento della crescita economica globale, guidata dagli Stati Uniti, anche il mercato azionario giapponese orientato ai settori ciclici è a rischio, il che giustifica la nostra posizione più cauta.
L’oro ha toccato nuovi massimi storici, con i mercati che hanno digerito i dati sul CPI (Consumer Price Index) statunitense inferiori alle attese e la prospettiva di un imminente taglio dei tassi della Fed. Le prospettive rimangono costruttive nel medio termine.