Oggi vi proponiamo un’analisi di Ofi Invest AM, il 5° asset manager francese per masse gestite, su come il quadro macroeconomico di Stati Uniti ed Europa stia spingendo Fed e Bce a operare una serie di tagli dei tassi d’interesse entro la fine dell’anno; anche se per ragioni differenti.
In sintesi:
- Nel caso degli Stati Uniti, l’osservato speciale è il mercato del lavoro, che ha visto un calo dei posti di lavoro creati netti e un aumento del tasso di disoccupazione e sebbene questi dati non siano preoccupanti, Jerome Powell ha affermato di voler evitare ulteriori peggioramenti
- Per quanto riguarda l’Europa, invece, a spingere verso un taglio dei tassi è un settore manifatturiero che ancora non ha toccato il fondo, soprattutto in Germania, e che ha portato a una forte riduzione dell’inflazione tra luglio e agosto, dal 2,6% al 2,2%
- In conclusione, dalla Fed ci si aspetta un percorso fatto di tagli da 25 bps l’uno, mentre anche la Bce dovrebbe operare 2-3 tagli entro la fine dell’anno
L’analisi è stata sviluppata da Ombretta Signori, Head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM.
I dati osservati per i mesi di luglio e agosto ci dicono che le prospettive per la crescita economica degli Stati Uniti sono state riviste al rialzo (attualmente attorno al 3%), soprattutto grazie a una ripresa dei consumi delle famiglie, che a luglio è nuovamente cresciuta più del reddito totale degli americani e che dovrebbe proseguire anche nel terzo trimestre. In poche parole, ciò significa che il tasso di risparmio negli Usa, si è ulteriormente ridotto, raggiungendo il 2,9% del reddito disponibile. Inoltre, il deflatore sottostante le spese delle famiglie è sceso di un altro 0,2% (attualmente al 2,6%), in linea con un percorso compatibile con il raggiungimento dell’inflazione al 2% per il 2025.
A questo quadro favorevole si affianca però un mercato del lavoro che ha visto un calo nella creazione netta di posti di lavoro e un parallelo aumento del tasso di disoccupazione; elementi che hanno messo in allarme i player di mercato, spaventati da un possibile e repentino ribasso dell’economia quest’estate. Tuttavia, a nostro avviso queste preoccupazioni sono eccessive. Infatti, il tasso di disoccupazione da inizio anno è in crescita a causa di flussi in ingresso di forza lavoro esterna, in particolare di lavoratori immigrati. Questo ha portato la partecipazione al mercato del lavoro di persone di età compresa tra i 25 e i 54 anni sul livello più alto osservato negli ultimi 20 anni. E questa è una buona notizia. Anche l’aumento dei licenziamenti temporanei, fenomeno abbastanza comune negli States nei mesi estivi, è da imputare a questo fenomeno. Infatti, i dati sui licenziamenti non sono particolarmente negativi e questo riduce la probabilità che si inneschi un circolo recessivo composto da disoccupazione più alta e consumi interni in calo.
Nonostante ciò, all’ultimo Jackson Hole il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha dichiarato che “è tempo di un aggiustamento della policy”, segnalando che la banca centrale americana dovrebbe avviare un programma di tagli dei tassi d’interesse a partire dal prossimo meeting di settembre, asserendo come un ulteriore rallentamento del mercato del lavoro non fosse necessario, né tantomeno desiderabile. Se gli Usa riuscissero davvero a scongiurare questo rallentamento, la Fed dovrebbe procedere con un una serie di tagli graduali da 25 punti base, ma se dovesse comunque verificarsi, siamo sicuri che non esiterà a prendere misure più drastiche, sia in termini di estensione, sia di tempistiche. Ecco perché prevediamo che l’andamento dell’occupazione sarà monitorato con particolare attenzione nei giorni, ma anche nei mesi a venire.
Passando invece all’Europa, i dati hanno messo in evidenza una straordinaria divergenza tra un settore dei servizi in espansione e un settore manifatturiero che non ha ancora toccato il punto più basso della sua contrazione; il che si traduce in paesi in rapida crescita, come la Spagna, e altri in stagnazione, come la Germania, con stati come la Francia e l’Italia che si trovano in una posizione intermedia. Nel frattempo, le intenzioni di risparmio delle famiglie sono ancora vicine ai massimi degli ultimi 30 anni, il che è coerente con i consumi provvisori, che da inizio anno sono aumentati meno di quanto si sarebbe potuto sperare, dato che i salari si sono gradualmente adeguati all’inflazione.
Restando sul tema, proprio l’inflazione ha fatto registrare una grande contrazione, passando dal 2,6% di luglio al 2,2% di agosto, grazie all’andamento positivo del costo dell’energia. Tuttavia, la componente core si è ridotta solo di poco, passando dal 2,9% al 2,8%, a causa di una persistente disinflazione nel manifatturiero; inoltre, la componente dei servizi è tornata sopra il 4%, sicuramente a causa di eventi temporanei come le Olimpiadi di Parigi, ma non solo, in quanto anche in Germania e in Italia è elevata e sono mesi che non accenna a ridursi. Tutto ciò farebbe propendere per un taglio dei tassi a seguito del meeting di settembre. I mercati sembrano infatti scontare 2-3 tagli entro la fine dell’anno.