«A Gaza scavalcai le macerie di un edificio bombardato per fotografare una donna anziana, vestita di nero, intenta a diliscare dei minuscoli pesci in un catino di alluminio. Alle sue spalle un nugolo di bambini razzolava sul pavimento di una stanza piena di materassi e montagne di biancheria. Da un lato, appoggiato su una seggiola, c’era il ritratto incorniciato di un ragazzo sorridente, con un accenno di barba sulle guance.»
«Mio figlio» proclamò con orgoglio. «Siamo fortunati ad avere un martire in famiglia. Alla fine del Ramadhan abbiamo ricevuto 2.000 dollari».
Questo incredibile racconto apre il nuovo libro di Giovanni Porzio, Sui sentieri del jihad: Viaggio nel fondamentalismo islamico, edito da Manni a settembre di quest’anno.
Un libro che ho adocchiato in una biblioteca civica e che mi ha subito incuriosito per l’attualità del tema. Ovviamente come sanno bene i lettori e le lettrici affezionate di questo sito, le nostre recensioni esulano dal prendere una posizione politica, noi ci occupiamo di finanza e di economia e di megatrend.
Ma quello che sta succedendo oggi in Israele, e quello che potrebbe succedere nell’area mediorientale se il conflitto dovesse (per qualche recondita e a noi sconosciuta ragione) espandersi, rientra nelle tematiche della geopolitica e dei sommovimenti tellurici che ci stanno traghettando nel Nuovo Ordine Mondiale. Se non sapete di cosa parlo leggete questo mio articolo e poi quest’altro mio articolo, tenendo in considerazione che sono mie elucubrazioni mentali e il modello che presento qui sotto è solo la superficie di un lavoro molto più articolato e “in progress”.
Come sappiamo, eventi geopolitici di questa portata vanno a impattare molto rapidamente sull’economia e sui mercati finanziari. Partendo da questi ultimi, lo vediamo dai grafici dei prezzi del petrolio, schizzato verso quota 90 dollari / barile, e soprattutto dell’oro che è volato di quasi 200 dollari all’oncia in dieci giorni interrompendo un trend ribassista ben consolidato. Ergo, i risparmiatori hanno paura e corrono a coprirsi dal rischio investendo nel più classico degli asset rifugio: il lingotto.
Di riflesso, un rincaro del petrolio danneggia l’economia portando extra-costi a tutta la filiera produttiva e distributiva, fa volare l’inflazione e crea incertezza per il futuro. E cosa succederebbe se la guerra dilagasse in un’area del mondo a due passi dal Canale di Suez, una delle principali rotte petrolifere e commerciali del mondo? E se un allargamento del conflitto scoprisse il fianco agli Americani sull’Oceano Pacifico e la Cina fosse pronta a colpire Taiwan?
Come ho già scritto in uno degli articoli citati sopra, se il mondo si spacca in due non posso più comprare lavatrici a marchio italiano prodotte in Cina e spedite con una portacontainer coreana che naviga attraverso lo stretto di Taiwan (tra Cina e Taiwan) o lo stretto di Luzon (tra Taiwan e Filippine) in un braccio di mare finora conteso tra Cina, Filippine, Giappone e Taiwan e sorvegliato dalla flotta dell’alleanza AUKUS (Australia, UK, USA). Idem per la gran parte degli oggetti che abbiamo in casa “made da-qualche-parte-in-Asia”.
E che problema c’è, direte voi? Grazie al riscaldamento globale la nave portacontainer dalla Cina può raggiungere il porto di Rotterdam in Olanda passando dalla rotta polare artica (la North Sea Route di cui scrivo in questo articolo) accorciando tempi di percorrenza e miglia nautiche di quasi la metà rispetto alla comune rotta a sud. Vero, verissimo, se il meteo lo consente, perché anche con il riscaldamento globale per lunghi mesi la rotta è comunque interrotta. Peccato poi che gli unici che hanno le chiavi per farvi entrare nella North Sea Route e portavi a navigarla in tutta sicurezza siano i Russi. Contro i quali siamo impegnati in un’altra guerra.
Mi fermo qui con i voli pindarici, torniamo all’oggetto della recensione di questa domenica, l’eccezionale libro del giornalista e inviato di guerra Giovanni Porzio sulla cui vita si potrebbe scrivere un romanzo d’avventure e girarci un film. In quarant’anni di onorato mestiere Porzio è stato in prima linea in Afghanistan, Libano, Mozambico, era presente durante l’operazione Desert Storm in Iraq e ha girato tutto il mondo arabo (e non solo quello) in lungo e in largo per capire, documentare e darci una visione non scontata del mondo islamico più integralista, del terrorismo e degli errori (tanti) commessi dall’Occidente in questi decenni. Giovanni ha un sito bellissimo con i suoi reportage di guerra tra testi e foto struggenti che vi consiglio caldamente di guardare.
Una cosa che colpisce leggendo il libro di Porzio, oltre alla lucida analisi del fenomeno scritta senza ombra di pregiudizi o di parteggiamenti per l’una o per l’altra parte, e alla narrazione di retroscena che i media occidentali non sanno, o non vogliono, o non possono raccontare, è il fatto che negli oltre trent’anni di storia descritta nel libro si ricorrono certe dinamiche di causa-effetto, quasi che la Storia (con la esse maiuscola) non insegni nulla a chi ne è protagonista.
Pensiamo ai tentativi di riavvicinamento tra Oriente e Occidente che sono stati fatti (invano) nel corso di questi decenni, spesso falliti a causa di attentati o manovre militari o oscure manovre politiche che ne hanno bloccato lo sviluppo positivo. Non vi “spoilero” altro, ma vi invito a leggere questo libro. Ci aiuta veramente a capire perché oggi siamo arrivati (e come ci siamo arrivati) al punto di (quasi) non ritorno.
Come dicevo nell’introduzione, la pentola a pressione mediorientale è solo una delle tante aree di conflitto che si sono aperte sul nostro pianeta. Per averne un’idea vi esorto a guardare il sito Global Conflict Tracker del Council on Foreign Relations.
Citando le parole di Papa Francesco «Il nostro mondo continua ad essere nella morsa di una terza guerra mondiale combattuta poco alla volta e, nel tragico caso del conflitto in Ucraina, non senza la minaccia di ricorrere alle armi nucleari». Al grido di allarme del pontefice lasciatemi aggiungere quello di un altro grande pensatore, Ray Dalio, che ha intitolato la sua newsletter settimanale del 12 ottobre “Another Step to Internation War” integrando nel modello di crisi di Bridgewater anche la situazione di guerra in Israele, che ha portato l’hedge fund a indicare ormai al 50% le probabilità che si sviluppi una (terza) guerra mondiale “giocata” su più fronti.
Ecco perché, il libro di Giovanni Porzio, Sui sentieri del jihad: Viaggio nel fondamentalismo islamico, a mio modesto parere ben si inserisce nel materiale di studio e di approfondimento che qualsiasi consulente finanziario, investitore e risparmiatore dovrebbe avere sotto mano in questa situazione tanto drammatica quanto liquida. Capire il contesto è propedeutico per capire i rischi e decidere se e come (ri)allocare liquidità e investimenti, propri o dei clienti.
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