Care lettrici e cari lettori, se nel 2023 avete apprezzato il libro di Marzio G. Mian, “Guerra Bianca. Sul fronte artico del conflitto mondiale“, recensito da Massimiliano Malandra su questo sito, vi consiglio caldamente di comprare il libro che recensisco oggi.
Sempre scritto dallo stesso autore, “Artico e la battaglia per il Grande Nord” è stato pubblicato qualche anno prima e racconta, come fosse un prologo, come il riscaldamento globale stia da un lato distruggendo l’economia tradizionale inuit basata sulla pesca e metta a rischio la sopravvivenza stessa di nativi e animali, mentre dall’altro lato stia aprendo gigantesche opportunità di business in una “nuova frontiera” che può essere paragonata al Far West americano del 19° secolo.
Sotto i ghiacci si trovano giacimenti di idrocarburi, minerali, metalli preziosi mentre in superficie si aprono nuovi corridoi marittimi per merci e passeggeri contribuendo sia all’industria navale sia al vertiginoso sviluppo di infrastrutture terrestri come porti, strade, città, raffinerie, stabilimenti, oltre che basi militari sempre più grandi e bene armate. Parlando solo di risorse fossili, il libro spiega che “per gli Stati Uniti la posta in gioco è di 30 miliardi di barili di petrolio e oltre 6 trilioni di metri cubi di gas naturale, secondo un calcolo molto prudente del governo. La prima beneficiaria del nuovo corso della Casa Bianca è stata l’Eni.”
Non solo la compagnia petrolifera ma l’Italia è tenuta in alta considerazione nel consesso globale dell’Artico grazie al suo contributo all’esplorazione del Polo già nei primi anni del Novecento (con la spedizione di Nobile e del dirigibile Italia, tra le tante) e alle ricerche scientifiche sul riscaldamento climatico che ne sono seguite. Però non fa parte dei Paesi invitati all’Arctic Economic Council.
Se pensiamo al Polo Nord e all’Artico come a un luogo magico, incontaminato e tranquillo siamo sulla strada sbagliata. Questa immagine ce l’hanno trasmessa i cartoni animati e i documentari in televisione. In realtà, leggendo il libro di Mian scopriamo che è un luogo già molto inquinato. Per chilometri e chilometri la tundra sembra reduce da una guerra atomica, i fumi spalmano di grigio anche la banchisa artica.
«Tra Norilsk, le miniere della penisola di Kola e Nikel, si tratta della regione più contaminata dell’intero emisfero settentrionale» dice Lars Rowe, analista del Nansen Institute intervistato dall’autore. «Ma è anche quella che aiuta il mondo a inquinare meno, a combattere l’effetto serra. Così ha deciso il mercato». Per tamponare l’escalation climatica e contrastare il processo di scioglimento nell’Artico, una delle armi più richieste è infatti il nickel, elemento base (insieme al cobalto, derivato del rame) delle batterie per le auto elettriche, annunciato come uno tra i più fiorenti business dei prossimi anni.
E’ anche un luogo molto pericoloso. Sempre Mian ci spiega che “la conquista del Nuovo Artico è un selvaggio Far West internazionale, affollato di fuorilegge internazionali, sorvegliato da uno sceriffo internazionale che se ne sta al caldo in riva al Tamigi. Tutto molto esotico ed eccitante. Un’arena di gladiatori che lottano senza tante regole.“
Per scrivere questo libro Marzio Mian ha viaggiato in lungo e in largo tra Russia, Scandinavia e Groenlandia parlando con i nativi che si vedono crollare il mondo addosso, con pescatori locali che vengono sopraffatti dalla pesca industriale che segue quei pesci che si stanno spostando in Artico per sfuggire al riscaldamento dell’Oceano.
Spiega Mian che “… nelle reti compaiono specie mai viste in acque islandesi, la platessa, il rombo giallo, la rana pescatrice. Un fenomeno che sta sconvolgendo molte economie costiere tra Nord Atlantico e Artico. Le aragoste scappano dalle acque troppo calde del Maine verso Canada e Labrador, dove gli abitanti si fregano le mani perché diventeranno presto ricchi; lo Stato del New England, invece, rischia di perdere la bandiera, il totem intorno al quale ha formato la sua immagine e cultura marinara, un crostaceo sacro come la vacca in India, solo che finisce bollito: è la maggiore risorsa per uno Stato di un milione di abitanti, 615 mila quintali nel 2015, l’85 per cento di tutte le aragoste finite nelle nasse dei lobsterman americani, un affare da un miliardo di dollari che sta per espatriare. Il merluzzo atlantico, predatore formidabile, sta occupando i territori del merluzzo artico – molto più pregiato e alla base della catena alimentare regionale – facendolo morire di fame. Il pollock punta a nord e si porta dietro il salmone di cui è la preda preferita.”
L’autore ha anche parlato con i dirigenti di società minerarie che fanno carte false per mettere le mani su un tesoro sepolto finora da ghiacci perenni, con i politici che vedono un futuro roseo e ricco per la loro regione e con i militari che stanno riempiendo l’Artico di missili e truppe pronte al conflitto armato. Sì perché oggi l’Artico non è di nessuno ed è di tutti, o almeno delle cinque nazioni che si affacciano sulle sue acque, a iniziare dalla Russia. Nel Consiglio Artico, istituito nel 1996, gli Usa possono contare sugli altri Paesi che si affacciano sul mare artico (Canada, Norvegia, Islanda, Danimarca, Svezia e Finlandia), ma la Russia nel frattempo ha portato dalla propria parte la Cina.
“L’Artico cambierà drasticamente. Per il suo dominio potrebbe scoppiare un conflitto” aveva detto un anno e mezzo fa Joe Biden. E qualche settimana prima Vladimir Putin aveva avvisato: “Spaccheremo i denti a chiunque pensi di sfidare la nostra sovranità. Non esiste Artico senza Russia e Russia senza Artico”. Bastino queste parole per capire che una parte della Terza Guerra Mondiale si combatterà qui.
Di tutto questo e delle prossime mosse delle ormai tre super potenze nei mari dell’Artico ci parla Marzio Mian che è un vero esperto di Artico: ha fondato insieme con altri giornalisti internazionali la società non profit The Arctic Times Project (link al loro canale su X), che documenta le conseguenze del cambiamento climatico nella regione artica.
I Paesi occidentali hanno fatto del Consiglio Artico una estensione politica della Nato, mentre la Russia ha già avviato manovre militari congiunte con Pechino.
In meno di una generazione, da “Ultima Thule”, un posto estremo dove solo inuit e grandi orsi polari erano in grado di sopravvivere, l’Artico è ormai diventato un luogo di conquista, un posto dove fare turismo e un futuro terreno di battaglia. anche solo per tenere aperte le nuove rotte marittime a nord che permettono di accorciare il viaggio delle grandi navi dall’Asia all’Europa o al Nord America, ovvero di accorciare tempi e costi del 90% delle spedizioni marittime oggi esistenti al mondo. Ricordiamo, come abbiamo già scritto nel nostro libro “Investire nei megatrend del futuro”, che la North Sea Route passa davanti alle coste della Russia e senza l’aiuto della flotta di rompighiaccio di Rosatomflot nessuno può attraversarla. Poi c’è una rotta che passa davanti alle coste canadesi, più infida e difficile da percorrere; e infine si sta aprendo una rotta transpolare che probabilmente sarà percorribile tra qualche anno. La Russia è finora in posizione di vantaggio sia per conoscenze tecniche, sia per tecnologia, sia perché l’economia del Circolo Polare Artico porterebbe nuova linfa vitale a questo gigante dai piedi di argilla.
“Il nuovo ordine mondiale si decide oltre il Circolo Polare” ha detto l’ex ambasciatore russo in Islanda, mentre a Washington è stata resa nota la nuova National Strategy for the Arctic Region.
AIUTACI A COPRIRE LE SPESE ACQUISTANDO SU AMAZON!
Per mantenere il sito senza pubblicità e ad uso gratuito spendiamo molti soldi. Aiutaci a coprire le spese di gestione comprando su Amazon attraverso i link che trovi nell’articolo. A te non costa niente di più, e una piccola percentuale del tuo acquisto ci verrà girata sul nostro conto affiliazione.