Dopo il doppio massimo sopra i 100 dollari realizzati dal future sull’uranio a inizio anno, le quotazioni hanno ritracciato poco sopra gli 80$. Il secondo trimestre dell’anno si è invece caratterizzato per una sostanziale stabilità del prezzo dell’uranio. Quali sono le prospettive? Marco Mencini, Head of Research di Plenisfer Investments SGR, ci illustra il suo punto di vista nell’intervento qui sotto.

Dopo un rally durato oltre due anni che ha portato il prezzo a superare i 100 dollari a libbra lo scorso febbraio (+120% in 24 mesi), il mercato sembra essersi preso una pausa e le valutazioni sono tornate a oscillare intorno agli 85/90 dollari a libbra.

In Plenisfer riteniamo che l’attuale fase sia di fisiologica stabilizzazione dei prezzi e che la domanda da porsi oggi sia: c’è spazio per un’ulteriore crescita delle valutazioni? A nostro avviso, si.

In primo luogo, l’attuale prezzo dell’uranio (circa 84 dollari al 22 luglio), se aggiustato per l’inflazione, è ancora al di sotto del livello record del 2007-2008 (pari a $137 dollari a libbra) e a sconto di oltre il 50% rispetto al livello raggiunto prima dei tragici eventi di Fukushima del 2011.

Ma a farci ritenere che le valutazioni siano destinate a salire ulteriormente è soprattutto l’attesa di una domanda in crescita, rispetto a un’offerta che resta limitata.

In particolare, la Cina mira a quadruplicare la sua base nucleare installata con nuovi 150 reattori entro il 2040. La domanda di uranio della Cina passerà quindi dagli attuali 26 milioni a 80 milioni di barre all’anno A conferma di tale necessità crescente, la Cina è stata molto attiva nella contrattazione dell’uranio, con le utility alla ricerca di grandi contratti strategici ultraventennali orientate ad assicurarsi corretti volumi di approvvigionamento.

Guardando al mercato globale, oggi al mondo sono in servizio circa 440 reattori nucleari che generano approssimativamente 390 GW di energia – ovvero circa il 9% della fornitura globale di elettricità– e consumano circa 180 milioni di libbre di uranio all’anno. Tale domanda annuale di uranio viene attualmente soddisfatta attraverso una produzione pari a circa 140 milioni di libbre cui si aggiungono le forniture derivanti dal mercato secondario.

Sulla base dei piani di investimento annunciati, l’energia elettrica da nucleare dovrebbe sostanzialmente raddoppiare entro il 2050. In tale calcolo non vengono peraltro considerati i piccoli reattori modulari, o il potenziale raggiungimento dell’obiettivo di emissioni nette zero, che porterebbero, a nostro avviso, la domanda di energia nucleare a superare facilmente i 1000 GW entro il 2050. Poiché per produrre un GW si consumano circa 460.000 libbre di uranio all’anno, l‘offerta, oggi pari a circa 180 milioni di libbre, deve più che raddoppiare nei prossimi 25 anni, per soddisfare una domanda potenzialmente pari a 460 milioni di libbre.

Peraltro, tale offerta potenziale dovrà essere generata quasi completamente dai produttori poiché il mercato secondario, che ha compensato l’offerta mancante negli ultimi anni, è sempre più sottile e ormai marginale. Basti considerare, a titolo di esempio, che il Giappone sta riavviando le proprie centrali nucleari che saranno tutte nuovamente operative entro i prossimi 24 mesi. L’uranio dismesso dal Giappone sul mercato secondario nell’ultimo decennio è destinato quindi a scomparire. Parallelamente il mercato secondario non potrà contare sulle scorte delle centrali attese in dismissione di cui si sta invece allungando la vita produttiva, o sulle scorte provenienti dai ventennali programmi di disarmo, giunti ormai al termine.

Guardando in dettaglio alla dinamica di domanda e offerta dei prossimi 10 anni, ovvero:

  • ai progetti di estrazione già approvati (le miniere hanno un time to market almeno decennale) che sosterranno l’offerta;
  • agli impianti nucleari che dovrebbe entrare in funzione entro il 2035, che alimenteranno la domanda;

prevediamo che il mercato dell’uranio rimarrà in deficit nei prossimi 10 anni, e che tale deficit sarà pari a circa 60 milioni di libbre all’anno entro il 2035, ovvero 1/3 della produzione globale.

Emerge quindi chiaramente la necessità di aumentare l’offerta. Ma affinché le società produttrici siano incentivate a investire in nuova produzione, si stima che il prezzo dell’uranio debba superare di almeno il 30% il costo marginale di produzione dell’uranio che attualmente è pari a 90- 100 dollari a libbra.

Al netto di pause di naturale consolidamento delle valutazioni come quella attuale, confermiamo quindi la nostra ipotesi di un trend strutturale di lungo periodo per l’uranio.