Introduzione
E’ possibile investire e guadagnare con la trasformazione energetica degli Stati Uniti? Si tratta di un megatrend legato ai cambiamenti climatici e ambientali. Secondo Cormac Weldon, responsabile azionario USA di Artemis Investment Management la risposta è sì. In questo articolo spiega perchè e suggerisce i titoli più interessanti.
Gli Stati Uniti sono in un momento delicato, e non mi riferisco all’aspetto politico. Come la maggior parte dei Paesi, stanno cercando di capire come compiere una transizione ad un’economia a basse emissioni di carbonio e spenderanno trilioni di dollari nei prossimi anni per affrontare questa sfida.
Molte delle società impegnate in questa grande impresa sono “piccole” e rappresentano al momento un’area del mercato caratterizzato da un’insolita convenienza delle quotazioni.
Si può trarre profitto dall’investimento in queste aziende e allo stesso tempo contribuire a salvare il pianeta?
Noi crediamo di sì. Quelli che seguono non sono consigli di investimento ma piccoli spunti per descrivere come stiamo trattando questo tema all’interno del nostro portafoglio di società a piccola capitalizzazione.
Elettricità
NextEra Energy Partners (NEP) è la più grande società di energie rinnovabili negli Stati Uniti. L’azienda con sede in Florida possiede e gestisce progetti di energia pulita e ha investimenti in impianti eolici e solari in tutti gli Stati Uniti.
NEP è di proprietà di NextEra Energy – l’operatore di servizi di pubblica utilità più grande del mondo e uno dei maggiori investitori in infrastrutture degli Stati Uniti. NEP si concentra esclusivamente sulle energie rinnovabili, il che significa che può accedere a finanziamenti aggiuntivi che sono preclusi alla capogruppo, consentendo maggiori opportunità di crescita.
Nucleare
All’inizio dell’anno, mentre consideravamo l’impatto più ampio degli eventi geopolitici sulla produzione di energia, era chiaro che il nucleare avrebbe assunto un ruolo meno controverso nella transizione verso le energie alternative.
In California, ad esempio, i legislatori stanno cercando di estendere la vita dell’ultimo impianto nucleare operativo dello Stato oltre la sua chiusura prevista nel 2025. Gli asset nucleari potrebbero avere una vita più lunga di quanto il mercato pensi.
Di recente abbiamo acquistato Constellation Energy, dopo che si è scissa dalla sua capogruppo. Constellation è responsabile della produzione del 10% dell’elettricità senza emissioni di carbonio negli Stati Uniti e riceve energia da impianti nucleari, eolici, solari e idroelettrici. È un importante acquirente di altre attività nucleari e ora è responsabile di circa il 20% della capacità nucleare negli Stati Uniti.
La legge sulla riduzione dell’inflazione (Inflation Reduction Act), approvata di recente, include un credito d’imposta sulla produzione dei generatori di energia nucleare nell’ambito di investimenti previsti pari a 369 miliardi di dollari nel clima e nell’energia pulita. Il Governo ha stabilito un prezzo minimo per l’energia nucleare e solare, che elimina un notevole rischio di un deprezzamento del nostro investimento nell’azienda.
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Infrastrutture
La nuova rete energetica avrà bisogno di infrastrutture. Le aziende di servizi di pubblica utilità nelle aree soggette a disastri naturali dovranno aggiornare le loro connessioni alla rete. La California, ad esempio, è particolarmente suscettibile di incendi, che probabilmente diventeranno sempre più frequenti. Un’analisi di McKinsey suggerisce che, nei prossimi 25 anni circa, la tipica società di servizi di pubblica utilità statunitense potrebbe perdere, fra costi e mancati introiti, circa 1,7 miliardi di dollari a causa dei danni provocati dalle tempeste.
In California, la locale società di servizi di pubblica utilità ha deciso di spostare sottoterra le linee elettriche che attraversano aree particolarmente sensibili. Una delle nostre partecipate, Jacobs Engineering, pianifica, smista le necessarie autorizzazioni e organizza gli scavi. Può non sembrare molto sofisticato, ma ci vogliono coordinamento e competenze logistiche.
Un’altra società, Valmont Industries, fornisce infrastrutture che collegano alla rete nuovi impianti eolici e solari. Una delle sue divisioni fornisce anche attrezzature per l’irrigazione, che gli agricoltori di tutto il mondo utilizzano per massimizzare la resa per litro grazie ad una tecnologia di precisione che riduce l’uso di acqua preziosa, e contribuisce a ridurre l’uso di prodotti chimici e fertilizzanti.
Valmont è una società che abbiamo in portafoglio da un po’ di tempo. Abbiamo incrementato la posizione quando il titolo ha sottoperformato negli ultimi mesi. Con l’occasione, vale la pena sottolineare che molte di queste aziende sono piccole rispetto agli standard statunitensi (ma grandi rispetto a molte aziende europee – Valmont è un’azienda da 5 miliardi di dollari che, ad esempio, potrebbe tranquillamente essere parte dell’indice FTSE 100).
Le “piccole” società statunitensi hanno avuto un anno difficile sui mercati. Non sono molti i casi – forse solo uno o due – in cui negli ultimi 30 anni siano state così convenienti rispetto alle loro sorelle maggiori.
Il nostro fondo per le società a piccola capitalizzazione attualmente passa di mano ad un multiplo prezzo/utili (per gli ultimi 12 mesi) di circa 15,5x, un dato ampiamente in linea con l’indice di riferimento, il Russell 2000, a fronte di circa 24x per l’S&P 500. Bisogna risalire al 1999 per trovare le small cap statunitensi così a buon mercato, in termini relativi.
Small cap a sconto
Storicamente, le società a piccola capitalizzazione sono quotate a premio, perché il tasso di crescita prospettica dei loro utili tende ad essere un po’ più alto rispetto a quello delle grandi società. E la gestione attiva può migliorare ulteriormente questo aspetto. Il fondo ha un P/E simile a quello dell’indice di riferimento ma ha un rendimento del capitale proprio del 17-18% rispetto al 5% delle società che fanno parte dell’indice di riferimento. La crescita storica degli utili è del 25% rispetto al 15% delle aziende nell’indice di riferimento.
Tornando alle valutazioni relative tra le società a grande capitalizzazione e quelle a piccola capitalizzazione, perché il mercato delle small-cap è così fortemente scontato? Molte società a piccola capitalizzazione hanno lottato durante la pandemia del Covid e, dopo aver superato la difficile prova, si sono ritrovate in un altro contesto poco propizio, caratterizzato da un’inflazione e da un rialzo dei tassi di interesse che mettono in agitazione gli investitori.
La Fed ha guidato il mondo nell’aumento dei tassi di interesse per contenere l’inflazione. Il timore è che nel processo possa spingere l’economia verso una dolorosa recessione. L’economia sembra in via di miglioramento. Le aspettative negative sono ampiamente incorporate nei prezzi e la convenienza di queste valutazioni potrebbe essere di breve durata.
Purtroppo, l’ambiente in generale non sta migliorando, come evidenziato dalle calamità meteorologiche di quest’anno. Le società che operano nell’ambito della transizione all’energia pulita sono spinte dal vento – o da qualche altra fonte energetica rinnovabile. Finché riusciranno a mantenere le loro offerte distinte e a reinvestire per la crescita, al fine di proteggere la loro nicchia, dovrebbero prosperare, tenendo lontane le aziende più grandi che potrebbero altrimenti rosicchiare il loro business.
Mi si perdoni l’analogia poco adatta, ma temo che la portata della sfida climatica sia tale che saremo impegnati a sfruttare questo filone per un bel po’ di tempo.
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