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Il settore vitivinicolo e il consumo di vino rientra a pieno titolo nei temi di investimento del megatrend demografico e infatti ne abbiamo trattato anche nel nostro libro “Investire nei Megatrend del futuro”. E’ un po’ di tempo che non parliamo di produttori di vino e oggi arriva l’occasione per parlarne grazie a due rapporti pubblicati da Mediobanca. Il primo è sul mercato globale con un focus all’ Italia e riguarda 253 principali società di capitali italiane con fatturato 2022 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati per 11,8 miliardi di euro, pari all’88,4% del fatturato nazionale del settore. Il secondo rapporto focalizza l’attenzione sulla produzione di Prosecco, una eccellenza italiana che non va sottovalutata anche per il suo richiamo turistico.
Lo scenario mondiale in pillole
Nel 2023 la produzione mondiale di vino è stimata in 237 milioni di ettolitri, in forte calo sul 2022 (-9,6%). Il consumo mondiale in 221 milioni di ettolitri (-2,6%).
La rimodulazione della domanda, indotta dal ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici così come dai cambiamenti climatici, hanno causato un calo dei consumi di vino rosso, passati da una quota del 51,3% medio nel periodo 2000-2004 al 48,3% del 2017-2021. In controtendenza i consumi di vini bianchi (dal 40% al 42,2% +2,2 punti) e quelli di rosé (dall’8,7% al 9,5%+0,8 punti).
L’Italia segue la tendenza mondiale registrando -23,2% nella produzione rispetto al 2022 e -1,6% nei consumi, con 37,4 litri pro-capite all’anno). In attivo per l’Italia il saldo commerciale: in 20 anni è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, passando da 2,5 miliardi di euro del 2003 ai 7,2 nel 2023.
L’Italia è il primo esportatore di vino in quantità (21,4 milioni di ettolitri nel 2023) e il secondo per valore (7,7 miliardi di euro dietro solo agli 11,9 miliardi della Francia) 1. Il 2023 e oltre per il settore vinicolo italiano.
I maggiori produttori di vino si attendono per il 2024 una crescita delle vendite complessive del +2,6%, +3% l’export. Non si arresta l’ottimismo delle bollicine (+3,7% i ricavi complessivi), soprattutto oltreconfine (+6,8% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +2,3% (+2,2% l’export).
Nel 2023, in diminuzione del 4,5% i quantitativi venduti su tutti i canali. L’inflazione ha eroso il potere di acquisto delle famiglie penalizzando i vini di fascia intermedia (-10,1% sul 2022) a conferma di una maggiore polarizzazione del mercato. In leggero calo i vini di fascia bassa (- 1,7%, con una market share del 44,2%). Mercato sempre più premium (+12,7% i vini di fascia molto alta sul 2022; market share del 18,6%) e sostenibile (+1,4% i vini biologici, 5,4% di market share; +9,6% i vini vegani, 2,7% market share, +1,8% i vini naturali, m.s. dell’1%).
Imprese italiane best performer
La leadership di vendite nel 2023 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a €670,6 milioni (-3,4% sul 2022). Al secondo posto si conferma il polo vinicolo Argea (€449,5 milioni, -1,2%), seguita da IWB con €429,1 milioni (-0,3% sul 2022). Fatturato 2023 superiore ai 400 milioni di euro anche per la cooperativa romagnola Caviro (423,1 milioni) in progresso dell’1,4% sul 2022.
I vini DOC e DOCG: fiore all’occhiello regionale
Nel 2023 il 47,7% del vino italiano è DOP (DOC e DOCG), in aumento dal 38,5% del 2013. Calano i vini IGP dal 35% del 2023 al 27% del 2023, avvicinandosi ai vini da tavola (25,3% nel 2023). Complessivamente, il valore delle DOP e IGT imbottigliate è pari a 4,3 miliardi di euro in Veneto, seguito dal Piemonte con 1,4 miliardi e dalla Toscana con 1,2 miliardi.
Carta d’identità: impresa familiare in difficoltà sulla Sostenibilità
Al controllo familiare spetta il 64,8% del patrimonio netto, quota che sale all’81,4% se si considerano anche le cooperative. Gli investitori finanziari partecipano al 10,9% dei mezzi propri: le banche e assicurazioni (5,2%) sono assenti nelle imprese più piccole, mentre i fondi di private equity (4,1% del patrimonio netto) partecipano nei capitali delle principali imprese vinicole indipendentemente dalla loro dimensione.
Al diminuire della dimensione cala anche l’incidenza di possesso non italiano, pari al 7,6% dei mezzi propri. Trascurabile il rapporto con i mercati finanziari: solo due società sono quotate all’AIM dal 2015 (Masi Agricola e IWB).
La sostenibilità, da migliorare. Solo il 34,9% delle maggiori imprese vinicole italiane redige un Bilancio di Sostenibilità (38,6% i produttori con più di 50 milioni di fatturato).
Grafici di borsa
Come spiegato nell’analisi di Mediobanca solo due cantine sono quotate in Italia. Vediamo i grafici. Lascio a voi fare ulteriori analisi.
MASI AGRICOLA
Grafico mensile. Molto difficile prendere posizione o anche solo fare una analisi dal momento che il prezzo resta in lateralità con ampia volatilità di breve termine. A questo punto conviene “investire” nelle sue bottiglie di vino in attesa che il prezzo trovi una direzione.
Italian Wine Brand
Grafico mensile. Bella campana tipica di una bolla speculativa. Il prezzo ha trovato un buon supporto, vediamo se riuscirà a decollare di nuovo o si tratta di un rimbalzo.
Conclusioni
Le evidenze riportate da Mediobanca (riduzione dei consumi) e i megatrend che sono coinvolti (popolazione giovane, salutistica, climate change, perdita di potere d’acquisto, ecc.) non fanno ben sperare per questi titoli quotati. Mai dire mai, il mercato finanziario riserva sempre sorprese, quindi ogni tanto, tra un bicchiere e l’altro diamoci uno sguardo anche a questa nicchia di mercato. Vi consiglio di fare le vostre analisi espandendo la ricerca a società quotate all’estero, sia in Europa sia in USA sia altrove (Autralia, TWE, Treasury Wine Estate è un esempio).
Foto di Jill Wellington: https://www.pexels.com/it-it/foto/uva-in-vigna-durante-il-giorno-39351/