Nonostante l’approvazione dell’ultimo imponente pacchetto di aiuti, le autorità di Pechino non sembrano intenzionate ad affrontare seriamente la crisi dell’immobiliare, che è la causa primaria della crisi cinese. E nonostante tutto, il P/E ratio 2025 a 11 sembra segnalare che la situazione difficilmente si aggraverà ulteriormente in maniera significativa e questa potrebbe essere un’opportunità, soprattutto per gli investitori istituzionali, di beneficiare di un’eventuale ripresa. Tuttavia, ad oggi non si vede un vero catalizzatore per una ripresa di lungo termine, pertanto potrebbe essere sensato differenziare con azionario ex-China (+1,5% dal 30 giugno) e soprattutto con l’India, che gode di fondamentali di crescita solidi.
Mentre aspettiamo il ritorno della Cina nel nostro scenario di investimento possiamo sempre guardare alla spumeggiante economia indiana. Lo pensa Jean-Marie Mercadal, CEO di Syncicap AM (partecipata Ofi Invest) che in questa analisi fa un paragone tra Cina e India.
Dal 30 giugno ad oggi, se si escludono gli effetti del recente pacchetto di stimoli economici e fiscali operati dal governo, l’azionario cinese ha ceduto appena l’1% (in dollari) del suo valore, mostrando comunque una discreta resistenza contro delle condizioni economiche non proprio brillanti.
Infatti, nonostante questo risultato, l’economia del Dragone continua a trovarsi in cattive acque, gravata dalla crisi del comparto immobiliare, con i prezzi delle abitazioni che, negli ultimi mesi, sono scesi ancora più rapidamente. Per averne un’idea, si consideri che da maggio 2021 a oggi, il valore delle case a Shenzhen, considerata la città più esclusiva del paese, è crollato del 37%, mentre in altre metropoli come Pechino, Shangai e Guangzhou la contrazione è stata attorno al 25%.
Nonostante tutto, prima delle recenti misure che però necessitano di tempo prima di avere eventuali effetti, dalla terza sessione plenaria del Partito Comunista (o Plenum) sono emerse priorità di lungo periodo come lo sviluppo dell’economia dei servizi, l’eliminazione di alcune barriere amministrative tra regioni, il rafforzamento del sistema di sicurezza sociale e altre ancora, ma niente di concreto su come risolvere la sfida dell’immobiliare, che oggi è il problema principale del paese. È vero che già a maggio le autorità centrali avevano pubblicato delle linee guida per le banche affinché queste prestassero più denaro ai governi locali, ma il livello dei prestiti è ancora molto al di sotto degli obiettivi, in quanto le prime hanno paura delle ripercussioni che potrebbero avere sui loro bilanci.
Inoltre, è importante considerare come il terzo Plenum non si sia concentrato solo sulle aziende cinesi, ma abbia menzionato anche problemi inerenti alla sicurezza e allo sviluppo, inviando un messaggio neanche troppo celato per cui le imprese dovranno continuare ad avere a che fare con questo contesto difficile anche nei prossimi mesi, nonostante il recente supporto. Infatti, nonostante tutto, noi di Ofi Invest siamo convinti che la forza dell’economia di Pechino continuerà ad essere fonte di preoccupazione, con il governo centrale che non sembra intenzionato a prendere vere misure per la sua ripartenza nel breve termine o di voler sostenere lo spirito imprenditoriale locale.
Tuttavia, riteniamo che ci siano comunque segnali positivi. Innanzitutto, si consideri che le valutazioni azionarie sono piuttosto basse, con il P/E ratio atteso per il 2025 attorno a 11, e che gli investitori, sia locali sia istituzionali, sembrano come essersi dimenticati dell’esistenza dell’equity cinese, tanto che oggi i secondi rappresentano appena il 3% di tutta la capitalizzazione del mercato; un minimo che non si toccava da 10 anni. Ciò significa che difficilmente la situazione si aggraverà ancora, almeno in maniera significativa, anche se al momento, non sembra ci siano possibili catalizzatori per una ripresa di lungo termine all’orizzonte, se si escludono ulteriori contributi che possono provenire dalla politica e che, come abbiamo osservato anche negli ultimi giorni, in Cina possono verificarsi da un momento all’altro.
Infine, è bene osservare anche le performance del resto dell’Asia, dato che dal 30 giugno a oggi il comparto equity “ex-China” ha registrato una crescita dell’1,5% e che l’andamento resta positivo. A determinare il successo di questo segmento sono stati soprattutto tre macro-trend di lungo periodo, ovvero la spinta globale degli investimenti in intelligenza artificiale (e molte imprese tech asiatiche sono perfettamente integrate nella catena di valore dell’AI), la crescita dei consumi interni e la ricerca di soluzioni alternative alla manifattura cinese. Nonostante tutto, conviene però prestare attenzione, dato che la volatilità riscontrata nell’AI e nel mercato dei semiconduttori potrebbe continuare a colpire il prezzo delle azioni nel breve termine.
In particolare, l’India continua a mostrare prospettive di lungo periodo incoraggianti, con la sua economia che dovrebbe crescere di 2.500 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni e con la percentuale di popolazione con un reddito superiore ai 15mila dollari che passerà dal 5% al 20% nello stesso arco temporale. Grazie a questa dinamica, l’andamento dei consumi interni appare incoraggiante, ma lo stesso vale per le infrastrutture. In generale, questa nazione si sta posizionando come una soluzione di investimento che riscuote grande consenso, ma che potrebbe anche attraversare brevi fasi di consolidamento per via delle valutazioni leggermente elevate, soprattutto per small e mid cap. Pertanto, noi di Ofi Invest riteniamo che a breve potrebbe avviarsi una fase in cui la volatilità per gli asset indiani sarà maggiore e gli investitori possono adottare una strategia “buy the dip”, dato che i fondamentali per una crescita potenziale di lungo termine sono ancora ben presenti.
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