I nostri lettori e le nostre lettrici si interrogano spesso sulla forza del mercato statunitense e della sua quasi magica capacità di salire verso nuovi massimi incurante delle tensioni geopolitiche, delle debolezze dell’economia e dei proclami della nuova amministrazione americana.

Durerà? Non durerà? Siamo arrivati al picco o si sale ancora? Tutte domande a cui potrebbe rispondere l’analisi che vi proponiamo oggi a cura di Maurizio Novelli, gestore del fondo Lemanik Global Strategy.

Maurizio Novelli – Fonte: Lemanik

Introduzione

La convinzione diffusa che la Cina sia un paese in profonda crisi mentre gli Stati Uniti sono in pieno ciclo virtuoso è stata intaccata dalla notizia che la società cinese DeepSeek ha tecnologia AI in grado di chiudere il gap con gli Usa.

Evitando di entrare in aspetti tecnici che non siamo in grado di comprendere, la cosa che mi ha convinto che la notizia abbia un impatto reale e significativo è il fatto che Microsoft ha immediatamente cancellato 3 miliardi di nuovi investimenti in Data Center, che sono il fulcro della domanda di chips Nvidia e sono la struttura portante della capacità di calcolo.

Un altro aspetto che emerge, di cui poco si conosce, è che i microprocessori Nvidia sono al centro di una intensa attività speculativa di trading da parte di sconosciuti intermediari che sostengono i prezzi con operazioni a leva tramite finanziamenti di importanti banche americane. Sembra quindi che gli Stati Uniti stiano cercando di “gonfiare” artificialmente i prezzi dei microprocessori sul mercato mondiale per alzare il break even point di ingresso nel settore AI a competitors esteri, cercando così di rendere artificialmente costoso lo sviluppo di AI e ostacolare l’ingresso sul mercato di società che possano competere con quelle americane. Se così fosse, l’intera impalcatura costruita sul monopolio dell’AI made in Usa, che si basa su elevate barriere all’entrata di nuovi competitors per garantire un monopolio su tale tecnologia sarebbe un colossale bluff e i cinesi lo avrebbero rivelato. L’embargo sui microprocessori non sarebbe dunque basato sull’impedire alla Cina di accedere a tale tecnologia, ma per sostenere artificialmente i prezzi di tali componenti, gonfiare gli utili attesi su Nvidia, sostenere il settore tecnologico Usa e rendere più costoso possibile lo sviluppo di AI ad altri paesi. Un altro elemento critico che emerge dagli eventi innescati da DeepSeek è che il Nasdaq potrebbe essere l’epicentro di un sistema che manipola i prezzi dei componenti tecnologici per proiettare profitti forward non realistici basati sui prezzi gonfiati (per i motivi indicati) dei componenti tecnologici. Appare quindi evidente che tecnologia e mercati finanziari sono oggi il vero terreno di scontro geopolitico per la supremazia economica globale, mentre Ucraina, Gaza e Taiwan sono solo fattori di disturbo poco influenti.

Una nuova era di repressione finanziaria

Dazi, sanzioni finanziarie, embargo tecnologico e guerra sui flussi di capitale confermano che la finanza e l’economia saranno all’epicentro dell’instabilità globale che ci attende. Proprio sui flussi di capitale si sta aprendo la fase due dell’American First e proprio sui flussi di capitale si accentuerà lo scontro globale. Il governo britannico sta considerando di introdurre l’obbligo per i fondi Pensione Uk di investire una elevata percentuale solo su asset finanziari targati Uk. Un altro disegno legislativo prevede di forzare le fusioni tra fondi pensione per consentire un più facile controllo governativo sulle politiche di gestione.

Negli Stati Uniti, le politiche proposte nel Patriotic Investment Act mirano a incoraggiare il rimpatrio dei capitali detenuti all’estero da istituzioni Usa e tassare pesantemente i profitti fatti in Cina da aziende americane. L’amministrazione Biden ha di fatto obbligato la finanza americana a uscire dai mercati cinesi, procurando il crollo della borsa di Hong Kong, e ha invitato le aziende americane a chiudere o ridimensionare le attività in Cina, per evitare sanzioni da parte della Casa Bianca. I flussi di capitale internazionale verso la Cina sono crollati ai minimi da trent’anni per il timore di sanzioni americane.

È abbastanza evidente che la tendenza emergente sia quella di implementare una nuova era di “Repressione Finanziaria”, dove i capitali esteri devono ritornare a casa per finanziare deficit pubblici in costante aumento e non finanziare quindi i competitors. Dal 1921 al 1968 le banche Usa potevano investire solo in securities definite “legali” dal governo degli Stati Uniti e nessun cittadino americano poteva acquistare Oro. Credo che una nuova era di “Repressione Finanziaria” sia alle porte.

Infatti, il problema è che l’American First rischia di obbligare tutti i paesi a dichiarare Europa First, Canada First, Japan First, UK First, ecc, ecc,. Se questo accadrà, come credo, il periodo del dollaro forte e del bull market di Wall Street è nella sua fase finale, dato che l’America è in questo momento il principale beneficiario della politica dell’American First, ma solo se rimane l’unico paese del mondo a farlo. Infatti, i flussi di capitale finanziario che sostengono gli asset americani arrivano come mai prima dall’estero e alimentano la forza di Dollaro e le bolle finanziare Usa. Nel momento in cui gli Stati Uniti si posizionano come un competitor globale per tutti, il rischio è che tutti ora devono proteggere il loro sistema economico e finanziario, adottando politiche mirate a favorire il rimpatrio del capitale. La competizione sul risparmio globale si accentua se l’America non solo si pone come il principale polo di attrazione dei capitali finanziari ma cerca anche di attrarre la produzione manufatturiera in casa. Questo rischia di approfondire la crisi di Europa, Cina e Giappone, che hanno sempre finanziato il debito americano per avere in cambio libero accesso ai consumi interni Usa.

Nel momento in cui gli Stati Uniti decidono che oltre al tuo risparmio interno per finanziare il loro debito vogliono anche la tua attività manifatturiera per sostenere la loro crescita ma non la tua, il sistema basato sulla libera circolazione dei capitali salta. Nessuno è infatti disposto ad accettare un aumento della disoccupazione con le spinte populiste in casa e con l’economia agonizzante. Questo è il motivo per il quale sono fermamente convinto che l’agenda Trump procurerà nel tempo una instabilità globale e pesanti conseguenze sull’economia mondiale.

L’età dell’Oro

“L’età dell’Oro” indicata da Trump è appena iniziata, infatti l’Oro sale proprio per queste prospettive. Se analizziamo a fondo le dinamiche di Cina e Stati Uniti, appare evidente che la postura delle strategie economiche e finanziarie è diametralmente opposta. Gli Stati Uniti insistono sul sostegno a oltranza della crescita economica con politiche fiscali dissolute e con un ciclo finanziario particolarmente esuberante, la Cina persegue invece politiche di deleverage nel settore immobiliare e finanziario ed è molto prudente sugli stimoli fiscali.

La crisi dell’economia cinese appare una crisi voluta, provocata e gestita per deflazionare la bolla del real estate e contenere gli squilibri, mentre l’esuberanza del ciclo americano è sostenuta da politiche fiscali e finanziarie mirate ad ampliare gli squilibri. Sono quindi propenso a credere che la Cina ha maggiori probabilità di vincere la sfida globale e uscire più forte dall’attuale competizione economica con gli Stati Uniti, che sono sempre più esposti al rischio di tenuta degli squilibri che perseguono. Se andiamo incontro a un conflitto sul controllo dei flussi di capitale, è evidente che il paese messo peggio per affrontare questo scenario è il paese con maggiore debito estero, cioè gli USA (90% del Pil). Se gli Stati Uniti credono di poter sostituire i flussi di capitale esteri con un QE della Fed, allora è certo che si preparano ad affondare il Dollaro, come vorrebbe Trump, ma una crisi di Dollaro accentuerebbe la fuga di capitali e metterebbe in crisi Wall Street. L’American First non è quindi così facile da attuare e la crescita americana dovrà continuare necessariamente a reggersi su squilibri (debito pubblico e privato) sempre più ampi che sono inevitabilmente destinati a cedere (i cinesi lo sanno).

Un altro elemento totalmente trascurato dalla “consensus view”, che è ovviamente made in Usa, è il motivo per il quale la Cina non è così predisposta a erogare stimoli fiscali e rilanciare la crescita. Si tende a far credere che i cinesi sono incapaci o non capiscono quello che devono fare. In realtà io credo che ci sia una strategia mirata a non farlo. La Cina aspetta di vedere cosa faranno gli Stati Uniti sui dazi, su ulteriori freni all’export di tecnologia e sulle politiche interne. Infatti la Cina può aspettare mentre Trump non può farlo. In realtà la Cina non vuole “aiutare” la crescita globale e tende a scaricare sull’America il ruolo di locomotiva, ben sapendo che per fare questo, gli squilibri Usa arriveranno a un punto di rottura. Solo a quel punto arriverà il vero stimolo che tutti aspettano, ma sarà uno stimolo molto diverso dal passato e potrebbe essere un game changer per gli equilibri economici e finanziari globali. Mentre l’America chiude il suo mercato interno con dazi e tariffe, la Cina deciderà di aprire il suo al momento opportuno, con stimoli mirati a stimolare i consumi interni per ampliare ancora di più l’interscambio commerciale con l’area Emerging Markets (Asia e Latam).

L’American first sarà un boomerang?

La potenziale domanda interna cinese è una potente arma geopolitica ancora non volutamente sfruttata e sarà utilizzata a tempo debito. Un altro importantissimo evento che si delinea all’orizzonte è emerso nella recente conferenza tenuta ad Hong Kong dalla Banca Centrale cinese all’Asian Financial Forum. Le dichiarazioni del Governatore della PBOC prospettano un deciso supporto alla piazza di Hong Kong da parte della Banca Centrale, con trasferimento di parte delle riserve valutarie di Pechino a Hong Kong mirate a sostenere il settore finanziario, con l’obiettivo di diventare una piazza di riferimento per le emissioni di bond in Dollari in Asia da parte di istituzioni finanziarie cinesi e non.

Tali emissioni potrebbero facilitare il dirottamento dei flussi delle riserve valutarie in Dollari presenti in Asia, attualmente allocate prevalentemente sui Treasury Usa, e intaccare il monopolio finanziario americano sugli investimenti dei surplus commerciali in Dollari dell’Asia. Ovviamente tutto il clearing di tali operazioni sarebbe a Hong Kong con banche cinesi e sulla Swift cinese, permettendo dunque di aggirare qualsiasi futura sanzione Usa presente e futura. Queste mosse, totalmente ignorate dalla narrazione del mainstream, costituiscono un importante fattore critico per la strategia dei dazi sulla Cina promessi da Trump, infatti, recentemente, la minaccia si è spostata più su Canada, Messico ed Europa.

Credo quindi che il trigger di DeepSeek ha bucato la bolla della tecnologia, che l’economia americana sia indirizzata verso l’ampliamento degli squilibri che procureranno una futura crisi, che una fase di controllo dei capitali sia alle porte e che la Cina riuscirà ad evitare il contenimento americano, sia tecnologico che economico, avviando un ridimensionamento della attuale leadership globale sui flussi di capitale verso gli Stati Uniti. A questo punto, l’American First rischia di trasformarsi in un boomerang sia per il Dollaro che per Wall Street, accentuando i problemi americani e fornendo alla Cina l’opportunità di proporsi come alternativa, stimolando i consumi interni e ampliando l’interscambio commerciale con gli emergenti. In un mondo in stagnazione tutti vorranno attaccarsi al treno delle economie asiatiche.

Il Dollaro non beneficerà per molto tempo della minaccia dei dazi ed è in una area di top storico, la bolla finanziaria Usa inizierà a sgonfiarsi, il mercato azionario degli emergenti e della Cina è meglio posizionato per cogliere i futuri scenari globali di cambiamento. “L’età dell’Oro” proclamata da Trump è appena iniziata e il metallo giallo rimarrà in un intatto bull market che si appoggia su rischi di una crisi in Usa e un successivo riassetto dell’architettura valutaria mondiale.

A questo punto sembrerebbe che il mercato da comprare non è più Wall Street, ma mi chiedo cosa possono fare gli altri se l’Equity Usa scende. Cina ed emergenti sembrano meglio posizionati per cogliere le opportunità di un riassetto globale sia valutario che finanziario, ma è necessario attendere per vedere con quale modalità (ordinata o disordinata) si sgonfierà la bolla Usa. Nel frattempo i Treasuries potrebbero entrare in una fase di disordine imposto dalle politiche reflazionistiche di Trump e la Fed, non potendo quindi ridurre i tassi, potrebbe essere costretta ad interrompere comunque il QT per difendere le posizioni in sofferenza dello Shadow Banking System, che allo stato attuale costituisce il vero problema da cui si sono generate le crisi degli ultimi venticinque anni.

A tale proposito mi preme sottolineare che, mentre i mercati “pubblici” USA (Equity, Corporate Bonds e Treasury Bonds) valgono circa 120 trilioni su questi livelli di capitalizzazione, lo Shadow Banking System Usa vale oltre 250 Trilioni. Il tutto su un Pil di 24 Tr. Ribadisco quindi ancora una volta che chi non conosce le posizioni di rischio di tali mercati non sa quasi nulla di finanza americana e non conosce il vero rischio di sistema. Dopo la crisi del 2008 ci hanno fatto credere che il sistema finanziario Usa era stato messo sotto controllo, ma in realtà le cose non sono come si raccontano e la dimostrazione è data dal fatto che la Fed è costantemente chiamata a “soccorrere” il sistema con interventi occulti o palesi.

L’instabilità finanziaria silenziosa

Per coloro che credono che il sistema è “solido”, faccio notare che dal 2018 siamo entrati nella fase della “silent financial instability”, una silenziosa instabilità finanziaria che non appare sulla superficie ma che obbliga la Fed a costanti interventi di tamponamento:

  • 2018 Crisi sul mercato dei Repo’s e intervento Fed da 4,5 Trilioni di dollari.
  • 2020 Covid e intervento Fed.
  • 2022 Crisi dei fondi Pensione in UK, US e Canada. Interventi di banche centrali e salvataggi pubblici.
  • 2023 Crisi bancaria Usa e intervento Fed.

A parte la crisi Covid, dettata da uno shock esterno, è evidente che tra il 2018 e il 2023 abbiamo avuto tre crisi che hanno richiesto interventi di sistema in soli cinque anni (una ogni 18 mesi). Apparentemente sembra che l’euforia di Wall Street nasconda un sistema finanziariamente fragile e forse serve appunto a far credere che tutto è ok. Anche questo è il motivo per il quale gli Stati Uniti sono costretti ad un costante e straordinario supporto fiscale. Quindi, mentre gli investitori si sono posizionati per il grande boom prossimo venturo, è altamente probabile che il boom è invece già alle nostre spalle.

I fondi Lemanik Sicav sono distribuiti in Italia da Lemanik Sim, società di intermediazione mobiliare del Gruppo Lemanik: un gruppo finanziario nato in Svizzera nel 1971, con sedi a Milano, Lugano, Lussemburgo, Dublino e Hong Kong.

Foto di copertina generata da Imagen 3 di Gemini AI

DISCLAIMER: Tutti i contenuti di questo sito non intendono in alcun modo costituire sollecitazione al pubblico risparmio oppure consulenza all’investimento in titoli azionari, contratti future, opzioni, fondi comuni o in qualsiasi altro strumento finanziario. L’attività del sito non costituisce consulenza personalizzata così come indicato dal D.Lgs. 58/98, così come modificato dal successivo D.Lgs. 167/2007. Chi scrive non conosce le caratteristiche personali di nessuno dei lettori, in specie flussi reddituali, capacità a sostenere perdite, consistenza patrimoniale. Tutti i contenuti del sito hanno solo scopi didattici, educativi e informativi. Gli argomenti riguardano l’analisi fondamentale e tecnica, i commenti sui mercati, la casistica operativa, piani di trading, ecc., ma non forniscono segnali di acquisto o vendita sui vari strumenti finanziari, né indicazioni per la gestione diretta o indiretta del capitale di terzi. Pertanto, chi legge i contenuti del sito riconosce la propria esclusiva responsabilità delle eventuali e successive azioni. Le informazioni finanziarie presenti nascono da conoscenze ed esperienze personali degli autori, che conducono inevitabilmente a valutazioni strettamente soggettive, parziali e discrezionali. Tutti i contenuti sono quindi passibili di errori di interpretazione e valutazione, come avviene per qualsiasi opinione personale. È possibile che chi scrive sia direttamente interessato in qualità di risparmiatore privato all’andamento dei valori mobiliari trattati in questo sito e svolga attività di trading o investimento in proprio sugli stessi strumenti citati, e quindi si trovi in conflitto di interesse con i lettori. Si ricorda che i rischi di perdite legati all’attività di trading possono essere molto elevati e arrivare ad azzerare il capitale impiegato. L’investitore deve considerare attentamente i rischi inerenti all’attività di trading e investimento alla luce della propria situazione finanziaria. Infine, si precisa che questo sito internet non rappresenta una testata giornalistica ai sensi della L. 62/2001 poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Riteniamo che le immagini utilizzate a corredo dei post siano di pubblico dominio. Qualora invece dovessero essere coperte da diritti siete pregati di avvertirci (info@investireinmegatrend.it) e provvederemo a rimuoverle immediatamente.