Legal & General annuncia i risultati dell’ottava edizione del Climate Impact Pledge (CIP), il programma annuale di engagement che ha l’obiettivo di alzare gli standard di mercato e incoraggiare le aziende a fare la loro parte per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Quest’anno Legal & General Investment Management (LGIM), parte della divisione di asset management di L&G e uno dei maggiori asset manager al mondo[1], ha condotto azioni di engagement riguardanti questioni climatiche con il più alto numero di società di sempre, introducendo aspettative di base per tre settori e aggiungendo due aziende alla lista di disinvestimento. Sebbene i risultati del Climate Impact Pledge indichino miglioramenti, LGIM ritiene che le imprese debbano fare di più per contribuire a mitigare i rischi legati al climate change.
Attraverso il suo approccio di Investment Stewardship, LGIM si impegna con le aziende per affrontare i rischi sistemici legati al cambiamento climatico sia nell’economia e nei mercati globali sia nei portafogli dei clienti.
In un contesto nel quale, secondo le previsioni, le temperature globali aumenteranno di oltre 2°C, mancando di molto l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento a 1,5°C entro il 2100, LGIM negli ultimi dodici mesi ha incrementato in modo significativo le proprie azioni di engagement e ha anche introdotto aspettative base per tre settori ad alta intensità di emissioni, chiedendo nello specifico:
- all’industria petrolifera e del gas la disclosure delle emissioni di metano;
- all’industria mineraria e alle utilities di non ampliare le attività di estrazione di carbone termico o la propria capacità di produzione di energia[2].
Il Climate Impact Pledge analizza oltre 5.000 aziende in 20 settori critici per il clima. Le valutazioni possono portare a sanzioni di voto, tipicamente contro il Presidente della società. All’interno di questo universo di aziende, LGIM si impegna direttamente con un gruppo di 100 “dial mover”, identificati per le loro dimensioni e per il loro potenziale nel guidare l’azione di contrasto al cambiamento climatico nei loro settori. Quando il ritmo dei progressi è troppo lento, LGIM può applicare sanzioni di voto e persino disinvestire.
Sebbene quest’anno si siano registrati passi avanti tra le aziende analizzate nel Climate Impact Pledge, il ritmo globale della transizione rimane insufficiente. LGIM continua quindi ad applicare il suo approccio di “engagement con conseguenze”, che negli ultimi dodici mesi l’ha portata ad aumentare il numero di aziende soggette a sanzioni di voto ed aggiungere alla sua lista di disinvestimenti la società mineraria Glencore e il retailer TJX.
Michelle Scrimgeour, CEO di LGIM, ha commentato: “Recentemente è stata superata, per la prima volta nella storia, la temperatura media annua di 1,5°C. Il messaggio è chiaro: c’è ancora molto da fare per mitigare il cambiamento climatico e dobbiamo agire subito. I progressi compiuti negli ultimi 12 mesi da molte delle aziende con cui abbiamo condotto attività di engagement in settori di rilievo sono incoraggianti. Tuttavia, è chiaro che il ritmo della transizione non è né abbastanza fluido né abbastanza veloce. Non è compito del solo settore dell’asset management affrontare il cambiamento climatico: si tratta di una transizione dell’intero sistema, il cui ritmo è influenzato dalle politiche pubbliche globali, dagli standard normativi e dalla natura della domanda di energia. È quindi fondamentale una collaborazione ampia per promuovere un’azione sinergica e la decarbonizzazione su scala globale.”
Il 2024 in sintesi
Durante la proxy season 2024, LGIM ha attuato iniziative di engagement sul clima con oltre 2.800 aziende, un numero mai raggiunto prima. In totale sono state identificate 492 società soggette a sanzioni di voto nei confronti del Presidente del Consiglio di Amministrazione, in aumento rispetto alle 342 del 2023. Il Climate Impact Pledge copre l’86% delle emissioni totali di carbonio attribuibili alle partecipazioni societarie di LGIM[3].
Dalla valutazione quantitativa delle oltre 5.000 aziende incluse nell’universo di settori ad alta intensità di emissioni di LGIM, sono state identificate 106 società soggette a sanzioni di voto per non aver soddisfatto le nuove aspettative di base introdotte, mentre altre 349 sono state identificate come soggette a sanzioni di voto per non aver soddisfatto gli standard minimi di LGIM in materia di cambiamento climatico. LGIM ha inoltre aumentato da uno a tre il numero di standard minimi che le società giapponesi devono soddisfare.
L’asset manager ha inoltre individuato oltre 100 aziende “dial mover” da incontrare e con cui discutere le aspettative di transizione e potrebbe applicare sanzioni di voto a 37 di queste, in calo dalle 43 del 2023, a indicare un notevole progresso tra le aziende con cui si rapporta.
Durante la proxy season 2024 LGIM ha anche co-firmato la sua prima risoluzione come azionista in Giappone: l’iniziativa è stata condotta nei confronti di Nippon Steel – il più grande produttore di acciaio nel Paese e uno dei maggiori a livello globale in termini di produzione – a cui è stato richiesto di diventare un leader regionale nella disclosure legata al clima.
Engagement con conseguenze
Quest’anno LGIM ha deciso di disinvestire da Glencore e TJX poiché entrambe le società non hanno risposto in modo adeguato alle preoccupazioni sollevate negli ultimi anni. Il numero di disinvestimenti effettuati attraverso il Climate Impact Pledge sale così a 16, attraverso fondi che coprono circa 176 miliardi di sterline di asset under management e che comprendono i fondi della gamma Future World, i fondi ESG e tutti i fondi di L&G Workplace Pensions e l’L&G Mastertrust[4].
I disinvestimenti del Climate Impact Pledge intendono segnalare non solo alle aziende ma anche al settore e al mercato in generale che i progressi compiuti nella mitigazione dei rischi legati al cambiamento climatico sono insufficienti. LGIM continua in questo senso a impegnarsi con le società presenti nella sua lista di disinvestimento e le rimuoverà quando saranno stati compiuti progressi sufficienti.
Il disinvestimento da Glencore fa seguito a un ampio engagement con l’azienda sin dal primo Climate Impact Pledge lanciato nel 2016. In particolare, l’anno scorso LGIM ha presentato una risoluzione chiedendo alla società di rivelare come la produzione di carbone termico prevista si allineasse all’Accordo di Parigi e agli sforzi per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C. LGIM è tuttora preoccupata per il fatto che Glencore non abbia reso noti piani che siano allineati con un percorso verso lo zero netto.
Per quanto riguarda TJX, l’asset manager manifesta tuttora preoccupazioni per l’assenza di una politica di “deforestazione zero” da parte dell’azienda e per l’insufficiente disclosure sulle emissioni Scope 3, che non tiene conto delle sue catene del valore.
Sebbene quest’anno LGIM non abbia eliminato nessuna società dalla sua lista di disinvestimenti, alcune, come Loblaw, Invitation Homes e COSCO Shipping Holdings, hanno dimostrato di aver fatto progressi e con queste LGIM continuerà a impegnarsi in modo costruttivo.
Stephen Beer, Senior Manager Sustainability and Responsible Investment di Legal & General Investment Management, ha commentato: “Il ruolo della Stewardship non è mai stato così importante: è una leva fondamentale nello sforzo globale per raggiungere le zero emissioni nette. Ci rendiamo conto che, con il passare del tempo, il nostro dialogo con le aziende possa diventare più deciso; non necessariamente più difficile, ma più mirato. Utilizziamo strumenti come il voto e il disinvestimento per incoraggiare le società a soddisfare le nostre aspettative sull’obiettivo net zero, inviando al contempo un chiaro segnale al mercato in generale. Il disinvestimento è uno dei tanti strumenti di Stewardship che utilizziamo come meccanismo per promuovere il cambiamento, ma lo consideriamo l’ultima risorsa e non certo l’ultima fase dell’impegno. Il nostro impegno continuerà e, se le aziende compiono progressi sufficienti, verranno reintegrate. In definitiva, pur essendo concentrati sull’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni, non esiste un approccio unico per tutti; il nostro modo di fare engagement si declina a seconda delle aziende, e consiste nell’ascoltarle e nel comprendere le sfide che devono affrontare, così come le potenziali opportunità che si prospettano, con l’obiettivo di accelerare il ritmo della transizione su scala globale.”
I passi avanti
I rating del Climate Impact Pledge evidenziano i progressi compiuti dalle aziende nella gestione e misurazione del rischio climatico. Dal 2023 sono stati osservati miglioramenti significativi nei rating per quanto riguarda la disclosure sul clima e la rendicontazione Scope 3, seguite dalle ambizioni al net zero. Anche le attività di lobby sul clima e la governance climatica hanno visto notevoli progressi.
A livello regionale, i mercati hanno registrato un aumento del punteggio medio del CIP, ad eccezione di Cina e Stati Uniti. Mentre i Paesi europei sono ancora in testa, le aziende brasiliane e australiane hanno registrato notevoli miglioramenti.
Nonostante i progressi compiuti dal 2016, il Climate Impact Pledge continua a indicare che il ritmo della transizione deve accelerare se si vuole che il mondo raggiunga l’azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2050, mitigando le conseguenze per il nostro pianeta, la prosperità finanziaria globale e la capacità delle aziende di generare rendimenti finanziari sostenibili.