Gli stimoli all’economia cinese stanno facendo parlare tutto il mondo occidentale che ne teme gli effetti sui propri mercati finanziari. Per approfondire il tema ci viene in aiuto  Erik Lueth, Global Emerging Market Economist di LGIM – Legal & General Investment Management. Secondo la società inglese, però, se non saranno seguiti da altre azioni mirate, non riusciranno a risollevare l’economia del Dragone. In sintesi, ecco i principali motivi:

  • Pechino intende investire 2 trilioni di yuan per accrescere i consumi della popolazione, ma la paura di perdere il lavoro e il valore delle case in continuo calo, spingono i cittadini a risparmiare e a ripagare i debiti, non a consumare
  • La ricapitalizzazione bancaria è un provvedimento importante, ma che crea offerta di credito quando è la domanda ad essere bassa, a causa anche della deflazione che porta i tassi reali a mantenersi su livelli storicamente alti
  • I 300 miliardi di yuan emessi dalla PBoC non bastano a smaltire in maniera consistente l’ammontare di case invendute e di progetti da portare a termine
  • Infine, il recente rally ha portato il P/E ratio delle azioni cinesi a un livello superiore alla media di lungo termine, togliendo agli investitori la possibilità di investire in un asset particolarmente economico.
Erik Lueth, Global Emerging Market Economist di LGIM

Negli ultimi giorni di settembre, con l’avvicinarsi del 75esimo “compleanno” della Repubblica Popolare Cinese, il governo di Pechino ha deciso di emanare un mirato e tempestivo pacchetto di stimoli per risollevare l’economia. L’ottimismo che questo provvedimento ha portato sui mercati lo si può osservare anche oggi, a distanza di settimane, sulle principali borse globali. Ma quanto può durare ancora?

Per rispondere a questa domanda, prima di tutto è necessario comprendere in cosa consistono questi stimoli, tra cui si annoverano un inconsueto taglio dei tassi di 20-30 punti base da parte della Banca Popolare Cinese (PBoC), una riduzione di 50 punti base del livello minimo di riserve legali, un taglio di 50 bps dei tassi sui mutui (ampiamente previsto già da agosto) e quote di acconto sulle seconde case di 10 punti percentuali. Inoltre, il tutto è stato accompagnato da segnali che fanno pensare che altri provvedimenti simili potrebbero essere adottati entro la fine dell’anno.

In aggiunta, la banca centrale ha migliorato i termini della sua agevolazione per l’acquisto di abitazioni non completate e ha promesso di sostenere l’acquisto dei terreni in eccedenza da parte dei costruttori; su questo punto però non sono stati forniti ulteriori dettagli.

Infine, ha promesso di immettere liquidità per 800 miliardi di yuan (una quota pari allo 0,6% del Pil) per sostenere il mercato azionario e di voler ricapitalizzare le sei maggiori banche nazionali con 1 trilione di yuan (lo 0,8% del Pil), un evento che non si osservava dal 1998. Sul lato obbligazionario, invece, in una notizia diffusa da Reuters si parla di 2 trilioni che il governo vorrebbe immettere sottoforma di bond, così da usare una metà del ricavato per sostenere i consumi attraverso programmi di permuta e assegni familiari e l’altra metà per alleviare i problemi di debito dei governi locali.

Alla luce di queste misure, è chiaro che Pechino ha capito che le parole da sole non bastano a risollevare l’economia, visto che quanto è stato fatto va anche oltre le aspettative in termini di portata e settori interessati. Tuttavia, noi di LGIM restiamo dubbiosi che questo pacchetto possa effettivamente generare una ripresa duratura in quanto le facilitazioni monetarie descritte, nonostante facciano strabuzzare gli occhi, sono impotenti nel risolvere i principali problemi che affliggono il Dragone. Basta pensare che la popolazione è preoccupata per la possibilità di perdere il lavoro e per le case che valgono sempre meno; pertanto, i cittadini non spendono in consumi, ma in saldo di debiti. Inoltre, la deflazione che si è venuta a creare nel paese ha contribuito a mantenere i tassi reali su livelli storicamente alti, prossimi al record assoluto.

Per sfuggire da questa trappola di liquidità, c’è bisogno di una forte spesa fiscale e questo le autorità sembrano averlo capito, ma lo stimolo da 2 trilioni di yuan descritto prima deve essere guardato in prospettiva. Infatti, i dati dicono che questa è attualmente al di sotto delle stime di budget per 3,5 trilioni, dato che i proventi dalla vendita di terreni sono crollati e che non si vedono progetti consistenti all’orizzonte. Ciò significa che le autorità stanno soprattutto cercando di rimettersi in pari, piuttosto che fornire un’autentica spinta all’economia.

La proposta di ricapitalizzazione bancaria menzionata in precedenza è un provvedimento importante per risollevare la fiducia verso il sistema finanziario, soprattutto dopo che le autorità hanno consentito alle banche di rinnovare i prestiti agli sviluppatori e alle piccole imprese senza riclassificazione fino al 2027; in precedenza questo termine era fissato al 2025. Ma anche in questo caso, poiché attualmente il problema è la domanda e non l’offerta di credito, a nostro avviso non si osserverà comunque uno stimolo alla crescita.

Venendo al comparto immobiliare, ovvero al fulcro della crisi economica cinese, gli annunci di provvedimenti su questo settore sono stati ben pochi. Riteniamo infatti che la misura di rifinanziamento del debito 300 miliardi di yuan attuata dalla PBoC sia insufficiente per ridurre l’ammontare di case invendute e per concludere i progetti di quelle ancora in costruzione. Ovviamente, non possiamo escludere che a queste politiche ne seguiranno altre nei prossimi mesi, riportando in auge ciò che in passato era stato chiamato “welfarismo”, ma ad oggi, fino a quando non vedremo concretizzarsi misure contro l’eccesso di abitazioni e una maggiore spesa pubblica, conviene restare cauti, dato che le previsioni non si discosteranno da quella di una “ripresa a L”.

In conclusione, è bene esaminare le implicazioni per gli investitori di quanto visto. Il rally di metà settembre ha reso le azioni cinesi meno economiche rispetto al passato, tanto che il P/E ratio dell’indice HSCE è attualmente al di sopra della media di lungo termine. Quindi, è possibile che gli sforzi del governo, volti ad aumentare i prezzi degli asset, continuino a riscuotere successo ancora per un po’ poiché il sentiment sarà meno negativo, ma affinché il rally azionario duri, riteniamo che gli utili debbano tornare a crescere.