Da astro lontano a premio di una corsa durata per tutti gli anni ’60, da conquista ambita a futuro laboratorio di pace? Nel corso dei millenni l’uomo ha sempre guardato alla Luna con ammirazione prima e cupidigia poi, ma finora l’idea che diventasse il luogo dove siglare la pace tra le nazioni era solo utopica e di pochi idealisti. A cimentarsi sulle motivazioni razionali per cui questo dovrebbe accadere è ora Simonetta di Pippo.
L’autrice, Professor of Practice di Space Economy presso SDA Bocconi School of Management dove dirige lo Space Economy Evolution Lab, si era già occupata di spazio ed economia spaziale nel suo saggio Space economy. La nuova frontiera dello sviluppo (Bocconi University Press- 224 pagg.).
Ora però va oltre, abbandona gli aspetti puramente economici e delinea nel suo nuovo saggio Luna laboratorio di pace (Egea, 2024, 152 pagg., euro 17) delinea la possibilità che il nostro satellite ci offra una luce di speranza per portare la cooperazione internazionale in una dimensione inedita, che non si limiti a replicare tra le stelle i meccanismi del Pianeta Blu.
I viaggi e le missioni lunari non sono più un evento. Si pensi che dal 1958 a oggi sono state effettuate oltre 100 missioni lunari. Dal 17 agosto di quell’anno – quando l’orbiter Pioneer 03 esplose dopo appena 77 secondi di viaggio – molta strada è stata percorsa, tanto che nel 1972 erano già stati 12 gli astronauti (tutti statunitensi) ad aver messo piede sul nostro satellite. Una fase di grande fermento – con 80 missioni condotte da Usa e Urss – conclusa bruscamente nel 1976: dopo la missione Luna-24, con cui i sovietici portarono sulla Terra 170 grammi di campioni da Mare Crisium, si chiuse un’epoca. Si dovranno attendere gli anni Novanta (e una sonda giapponese…) per rimettere in moto la macchina dell’esplorazione lunare, i cui ingranaggi – oggi – sembrano tornati a muoversi come ai tempi della Guerra Fredda.
Da allora altre nazioni si sono succedute sul suolo lunare _ India, Cina, Giappone, un rover degli Emirati Arabi – tanto che si può dire che da qualche anno la corsa alla Luna è ufficialmente ricominciata. Con rinnovato vigore e, soprattutto, nuove ambizioni. Ma anche nuovi rischi.
Le probabilità che le tensioni geopolitiche, gli schieramenti, le aree di influenza si trasferiscano – paro paro – dalla Terra alla Luna sono decisamente elevate.
I motivi? La possibilità di costruire colonie che permettano all’uomo di addestrarsi a un ipotetico futuro lontano dal pianeta Terra, l’abbondanza di risorse come minerali (e terre rare), ghiaccio d’acqua e fonti di energia, utilizzabili in loco o – in un futuro neanche troppo lontano – trasportabili sul nostro pianeta.
Il rischio, mette in guardia la Di Pippo, è che questa nuova era di esplorazioni assomigli più alla conquista del Far West che a una collaborazione. L’astrofisica individua tre linee guida fondamentali da seguire: “Assicurare l’interoperabilità tra sistemi sia pubblici sia privati; standardizzare i sistemi di acquisizione e soprattutto di utilizzo dei dati ottenuti da strumentazioni e infrastrutture spaziali; affrontare il futuro dell’esplorazione e la creazione dei mercati associati con riferimento alla Luna, all’internet del sistema solare, a Marte e oltre, con un approccio cooperativo e inclusivo. Perché, quando si è di fronte a una sfida globale, bisogna rispondere con una soluzione globale”.
Riflessioni importanti su temi che tra qualche anno diventeranno di estrema attualità. Dallo spazio, d’altronde, sono già giunti segnali incoraggianti: dalla collaborazione (stra)ordinaria dietro alla Stazione Spaziale Internazionale alla cooperazione tra Usa e Russia per il salvataggio di astronauti in pericolo, nei momenti peggiori della Guerra Fredda e, tornando all’oggi, del conflitto in Ucraina. Insomma, buone lezioni che non vanno né dimenticate né disperse.
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