Care lettrici e cari lettori, agosto sta finendo e con esso finisce anche la serie di “pillole” tratte dai nostri libri. Questa infatti è l’ultima pillola tratta dalla sezione dedicata all’analisi fondamentale scritta da Massimiliano Malandra nel libro “La Ruota dei Mercati Finanziari” (Hoepli, 2018).
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Perché diversificare
“Non mettere tutte le uova nello stesso paniere” è un detto antico come il mondo (o almeno quanto le uova) e spesso e volentieri viene ripetuto anche in campo finanziario in tema di costruzione di portafogli, siano essi azionari, obbligazionari o multi asset.
Il motivo è presto detto: se detengo un solo titolo (che sia un’azione oppure un bond) e quello si azzera, io perdo l’intero importo investito. Ma se già avessi investito su due strumenti, la mia perdita riguarderebbe solo metà del portafoglio e, se gli asset fossero stati quattro, solo il 25% del mio investimento.
Insomma, con l’aumentare del numero di strumenti, le perdite in caso di crollo di qualcuno di essi si ridurrebbero proporzionalmente. È evidente che, ragionando in astratto, mettere ad esempio 1000 azioni in un portafoglio, tutte con un importo analogo, ridurrebbe la mia perdita allo 0,1% in caso di azzeramento di un titolo.
Al tempo stesso, però, anche i potenziali rendimenti verrebbero egualmente annacquati, senza contare i costi di costruzione e mantenimento di un paniere così vasto, da quelli di transazione a quelli di tempo per seguire le vicende dei vari titoli.
Cosa fa Warren Buffett
Esiste una via di mezzo, ovvero un numero “giusto” che consenta una adeguata diversificazione del portafoglio pur senza finire nell’estremo opposto di un eccessivo quantitativo di titoli?
Certo, un genio della finanza come Warren Buffett può permettersi di affermare che “La diversificazione è una protezione contro l’ignoranza, ma non ha senso per chi sa quel che fa” e anche “… non capisco perché un investitore dovrebbe acquistare titoli che sono la sua ventesima scelta anziché semplicemente aumentare il peso dei titoli su cui è più convinto”.
Ma un investitore “normale”? Robert Hangstrom, autore di “Il metodo Warren Buffett: I segreti del più grande investitore del mondo“, ed. Hoepli, in una ricerca sul periodo 1987-1996 ha ottenuto diverse evidenze.
Innanzitutto i portafogli con molti titoli difficilmente battono il mercato: solamente il 2% di 3.000 panieri costituiti da 250 azioni scelte con criteri casuali ha battuto il mercato, mentre a sovraperformare sono stati il 25% di quelli costituiti da 15 titoli. Insomma, al crescere del numero di titoli in portafoglio si riduce la probabilità di sovraperformare il mercato.
Tra rischio sistematico e rischio sistemico
Il grafico qui sotto mostra l’andamento del rapporto tra numero di strumenti in portafoglio (in ascissa) e variabilità del rendimento (in ordinata).
Al netto di una quota di rischio sistematica o non diversificabile (che in pratica consiste nel rischio stesso di essere investiti sul mercato), quello specifico (anche detto “non sistematico”, apportato cioè dal singolo strumento) si riduce al crescere del numero di strumenti, salvo poi rimanere sostanzialmente piatto oltre certi livelli.
Benjamin Graham, uno dei più grandi investitori (nonché “maestro” dello stesso Warren Buffett) aveva a suo tempo indicato, per un portafoglio azionario, un minimo di 10 e un massimo di 30 titoli.
Come diversificare il portafoglio
La diversificazione di un portafoglio deve essere effettuata su molteplici livelli. Innanzitutto a livello di singole azioni, ma in secondo luogo anche in termini di settori e di aree geografiche.
Acquistare due titoli del medesimo comparto può sì ridurre i rischi specifici della singola azione: ad esempio, come spieghiamo nel libro (si veda anche questo articolo sul sito), nello scoppio della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico crollò la sola BP, mentre gli altri titoli del comparto ne risentirono solo in minima parte, ma quando il petrolio passò da 140 a 30 dollari al barile, tutto il settore energy ne venne ovviamente colpito profondamente.
Avere quindi un giardinetto di titoli differenti e di molteplici settori aiuta a differenziare il rischio del paniere. E, anche se le principali aree economiche (Usa, Europa, Giappone, Emergenti) sono sempre più interrelate tra loro, anche una diversità geografica in portafoglio è di sicura utilità.
Etf e fondi, per loro natura strumenti diversificati, sono di supporto all’investitore privato in questo gravoso compito.
Noi ci fermiamo qui con la pillola ma vi invitiamo a leggere tutto il capitolo 9 del libro “La Ruota dei Mercati Finanziari” dove troverete alcune simulazioni di portafogli diversificati, sia in termini geografici sia fattoriali.
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