Bitcoin ed Ethereum, cosa sta succedendo? A fine luglio il Bitcoin quotava oltre 68mila dollari, ieri è sceso a 54mila dollari circa (ma si è spinto fin sotto la soglia dei 50mila dollari). Una correzione del 20% che sul mercato azionario significherebbe inizio del Bear Market.

“Ieri 300 miliardi di dollari sono stati cancellati dalla capitalizzazione del mercato delle criptovalute – commenta Simon Peters, crypto markets analyst di eToro – Il Bitcoin ha subito un calo del 10% nella sola giornata di ieri. Ethereum è sceso del 14% e scambiava a 2.300 dollari, il prezzo più basso da gennaio. Il calo di Ethereum è stato aggravato dal trasferimento di 17.576 Ethereum (46,78 milioni di dollari) da parte di Jump Crypto nelle ultime 24 ore agli exchange centralizzati, segnali di potenziali vendite. I continui timori per il rimborso dei creditori da parte della defunta borsa Mt.Gox e l’intenzione di Jump Crypto di liquidare centinaia di milioni di dollari di posizioni in criptovalute, in particolare in Ethereum, hanno aggravato il sell-off dei mercati delle criptovalute”.

La caduta delle criptovalute non è isolata, ma si accompagna a quella dei mercati azionari. “Molti investitori finanziari tradizionali tendono a evitare le criptovalute a causa dell’elevata volatilità rispetto alle asset class tradizionali come le azioni, le obbligazioni e la maggior parte delle materie prime – avvisa André Dragosch, Head of Research di ETC Group, società partner di HANetf – Negli ultimi tre mesi, ad esempio, la volatilità annualizzata del Bitcoin e dell’Ethereum si è aggirata rispettivamente intorno al 45% e al 50%, mentre la volatilità dello S&P 500 si è attestata intorno al 15%”.

Certo, ad alti rendimenti – ovvero dove c’è crescita – corrispondono alti rischi, cioè volatilità. Nel caso specifico delle criptovalute bisogna inoltre tenere conto che sono una asset class ancora giovane. Il Bitcoin, infatti, ha appena compiuto 15 anni ed Ethereum è in circolazione solo dal 2015. Al netto dell’andamento delle ultime sedute, il calo della volatilità sulle cripto appare strutturale.

“Mentre la volatilità del Bitcoin era di circa il 200% annualizzato durante la prima epoca fino al 2012, è scesa a solo il 45% annuo più recentemente – ricorda Dragosh – Uno dei motivi è che la scarsità di Bitcoin è aumentata con ogni Halving che ha reso i cripto-asset più “simile all’oro”. Tuttavia, la distribuzione dei rendimenti del Bitcoin rimane fortemente skewed to upside ovvero che i rendimenti positivi sono più probabili di quelli negativi. Al contrario, la crescita monetaria globale ha subito oscillazioni piuttosto brusche a causa dei capricci della politica monetaria delle banche centrali e del ciclo economico globale. Pertanto, si può affermare con ragionevole certezza che la volatilità del tasso di cambio del Bitcoin è indotta da fluttuazioni selvagge nella crescita dell’offerta di moneta fiat piuttosto che da variazioni nella crescita dell’offerta del Bitcoin stesso”.

“In prospettiva, il calo della volatilità è destinato a continuare con ogni nuovo Halving. Il prossimo è previsto per il 2028 e renderà il Bitcoin quattro volte più scarso dell’oro dal punto di vista della crescita dell’offerta – conclude l’esperto – Inoltre, la crescente adozione di questa tecnologia da parte del settore retail e istituzionale è destinata a ridurre strutturalmente la volatilità nel tempo”.