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Oggi ospitiamo sul sito l’interessante analisi di Marc Elliott, Energy Transition Specialist di UBP – Union Bancaire Privée sull’impatto che la transizione energetica forzata a cui stiamo assistendo può avere su economia e mercati finanziari.
Finora la transizione energetica è stata guidata da motivazioni ambientali di lungo termine. Tuttavia, la recente crisi energetica ha dimostrato la nostra dipendenza dai combustibili fossili, nonché le interruzioni e le sofferenze economiche che gli improvvisi shock di approvvigionamento (ad esempio di gas russo) possono causare.
Imperativo passare alle rinnovabili
Di conseguenza, l’imperativo di passare alle energie rinnovabili, che rendono i sistemi energetici locali e quindi facilitano l’indipendenza energetica, è passato dall’essere un obiettivo a lungo termine a una necessità economica a breve termine. Questo è particolarmente importante per le regioni che sono a corto di risorse nazionali di combustibili fossili, come l’UE, il Giappone, la Corea del Sud e, in parte, la Cina.
Il costo dei combustibili fossili ha inoltre reso più interessante il passaggio alle energie rinnovabili. Secondo le stime del BNEF, oggi la nuova energia eolica e solare su terraferma costa circa il 40% in meno rispetto al carbone o al gas. Le energie rinnovabili hanno anche costi variabili trascurabili, un chiaro vantaggio in un contesto inflazionistico. Il nuovo eolico onshore costa circa 46 dollari/MWh e il solare su larga scala 45 dollari/MWh, rispetto ai 74 dollari/MWh del nuovo carbone e agli 81 dollari/MWh del nuovo gas.
Economie sviluppate e sistemi energetici
Inoltre, le economie sviluppate hanno bisogno di rivedere i loro sistemi energetici perché le infrastrutture stanno raggiungendo la fine del loro ciclo di vita. Ad esempio, le reti statunitensi hanno spesso 40-50 anni, mentre la Francia sta cercando di trovare il modo di prolungare l’utilizzabilità delle sue centrali nucleari e la Germania sta riportando in funzione vecchi impianti a carbone inefficienti per garantire la sicurezza energetica.
Di conseguenza, la politica si sta muovendo per sostenere gli investimenti nelle infrastrutture energetiche. La recente legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione, ad esempio, ha stanziato 369 miliardi di dollari per affrontare il cambiamento climatico e lanciare programmi legati all’energia.
Una grande sfida da 100 trilioni di dollari
Il raggiungimento degli obiettivi di emissioni nette a zero richiederà grandi investimenti e una volontà politica concertata. BloombergNEF (BNEF) stima tali investimenti in 92-173 trilioni di dollari nei prossimi tre decenni, di cui 33-57 trilioni di dollari dovrebbero essere investiti in impianti di generazione di energia e batterie.
L’energia solare, l’energia eolica e le soluzioni di accumulo di energia come le batterie sono tra le principali tecnologie di decarbonizzazione. Sono ora economicamente interessanti e spesso più economiche dei combustibili termici convenzionali. Tuttavia, il solare e l’eolico rappresentano ancora oggi meno del 4% del consumo finale di energia a livello globale.
Il BNEF calcola che ogni anno, fino al 2030, saranno necessarie in media 3,2 volte più installazioni solari e 5,2 volte più installazioni eoliche rispetto alle installazioni del 2020. Ciò significa che gli investimenti dovranno accelerare da circa 300 miliardi di dollari a 760 – 1.800 miliardi di dollari all’anno.
Implicazioni per il mercato azionario
La recente crisi energetica sottolinea l’importanza dell’energia per le economie globali. Quando manca, la crescita non è possibile. Nell’attuale contesto vediamo come la crescita sia influenzata dalla carenza di energia (in particolare in Europa) che a sua volta porta a un aumento dei costi.
Le transizioni energetiche sono dirompenti e di conseguenza hanno un forte impatto sulle economie e sugli investimenti. Inoltre, non sono lineari. In questo contesto, alcuni titoli azionari sono ben posizionati, mentre altri sono destinati a soffrire.
Le società che offrono soluzioni proattive alle sfide sottostanti (ad esempio, gli operatori delle energie rinnovabili e le tecnologie pulite) offrono un potenziale promettente di valore in quanto hanno percorsi di crescita solidi davanti a sé, mentre chi si subisce l’impatto dei prezzi dell’energia senza avere piani di emergenza è destinato a soffrire.
Anche la disponibilità di capitale sarà influenzata dai programmi di decarbonizzazione. I green bond stanno diventando un’importante fonte di finanziamento che beneficia di una forte domanda.
Come sottolineato in precedenza, i governi stanno fornendo sempre più incentivi agli investimenti. Al contrario, per le industrie inquinanti è sempre più difficile raccogliere capitali, sia sui mercati azionari sia su quelli del debito, il che favorirà ulteriormente gli attori più puliti.
Gli inquinatori dovranno inoltre far fronte a costi crescenti, poiché le politiche governative si muoveranno sempre più verso la penalizzazione (ad esempio, imposte a pioggia sulle industrie inquinanti che realizzano profitti eccezionali, come quelle del petrolio e del gas, o l’inasprimento delle normative ambientali), esercitando così una pressione sul valore delle aziende che non stanno effettuando la transizione.
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