A inizio luglio il Parlamento europeo aveva approvato la cosiddetta “Tassonomia della finanza sostenibile” varata dalla Commissione Europea, per consentire che gas naturale ed energia nucleare fossero etichettati come “investimenti verdi”. In linea generale la tassonomia fornisce le linee guida per individuare le attività economiche che servono agli obiettivi ambientali globali, che sono quindi adatte agli investimenti sostenibili. Riconoscendo gas naturale e centrali nucleari come fonti di energia che contribuiscono alla decarbonizzazione dell’economia europea, l’UE le riconosce come sostenibili e rispettose del clima.
“Mentre l’Europa è agli inizi della fase di transizione verso l’azzeramento delle emissioni, con l’obiettivo di raggiungerlo entro il 2050, l’energia nucleare si ritrova al centro del processo di cui potrebbe essere una parte essenziale; un ruolo ulteriormente rafforzato dalla decisione dell’Unione Europea di classificare l’energia nucleare come “green”, includendola nella tassonomia della finanza sostenibile” spiega Hector McNeil, co-CEO e co-fondatore di HANetf.
Ma il nucleare serve veramente? Le opinioni tra gli esperti e gli operatori finanziari (oltre che tra il pubblico) rimangono molto variegate.
Chi dice no…
“I ricercatori della rete Scientist for Future hanno dimostrato in uno studio che l’energia nucleare è troppo pericolosa, troppo costosa e troppo poco sviluppata per dare un contributo significativo alla mitigazione della crisi climatica” spiega Wolfgang Pinner Head of Corporate Responsibility, Raiffeisen Capital Management.
“Inoltre, l’energia nucleare è un ostacolo alla trasformazione socio-ecologica senza la quale non si possono raggiungere obiettivi climatici ambiziosi. Senza dimenticare che le nuove tecnologie attualmente promosse (ad esempio, i reattori di piccole e medie dimensioni) sono immature e lontane dall’essere commercialmente redditizie.
Attribuire al nucleare l’etichetta di sostenibilità mina gli obiettivi climatici dell’UE, distoglie gli investimenti necessari alla trasformazione verde e minaccia la credibilità dell’intero Green Deal europeo. Per il gruppo Raiffeisen, che vuole mantenere la propria credibilità in termini di approccio sostenibile, è cruciale prendere una posizione chiara riguardo a queste fonti di energia.
Gli investitori sostenibili, come Raiffeisen Capital Management, valutano le aziende e i Paesi in cui investire sulla base delle proprie strategie di sostenibilità, quindi in maniera indipendente dalle indicazioni dell’Unione Europea. Il fatto che secondo la tassonomia UE si possa investire non significa che si debba fare. In ogni caso, in questo contesto Raiffeisen Capital Management si sta chiaramente concentrando sulle energie rinnovabili, che sono meno pericolose anche se nel breve termine più costose.
Il fatto che la Commissione europea classifichi come sostenibile la produzione di energia da impianti a gas naturale e nucleari non aumenta necessariamente la sua credibilità. Si rende vulnerabile rispetto al Green Deal se si crea l’impressione che gli interessi politici siano al centro e che la questione sia meno importante.
Per gli investitori diventa quindi ancora più importante valutare ancora con attenzione dove investire. La credibilità dei singoli fornitori di servizi finanziari diventerà certamente ancora più importante se la bozza verrà approvata nella sua forma attuale”.
… e chi invece dice sì
Con l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas e le crescenti preoccupazioni per l’indipendenza energetica, sono aumentate anche le richieste ai policymaker di riconsiderare il ruolo che l’energia nucleare può svolgere nel mix energetico di un Paese.
“Mentre l’eolico e il solare hanno fatto passi da gigante e saranno elementi fondamentali della futura generazione di elettricità, sta diventando chiaro che anche l’energia ricavata dal nucleare è una soluzione fondamentale nel processo” interviene McNeil.
“Gli investitori lo stanno chiaramente riconoscendo e investono di conseguenza. Noi di HANetf siamo orgogliosi di portare sul mercato europeo fondi che forniscono soluzioni per un mondo più pulito ed ecologico”.
“In termini di generazione di energia pulita e affidabile, l’energia nucleare non ha eguali: come le fonti rinnovabili, l’energia nucleare non produce emissioni dirette di carbonio o di gas serra, ma quando si valuta l’onere delle emissioni delle diverse opzioni di produzione nel loro ciclo di vita, il nucleare vince nettamente”. È l’opinione di Eric Fuller, Senior Vice President, Emerging Markets Equities e Cindy Paladines, Senior Vice President, ESG, TCW.
“La produzione di energia nucleare è anche più affidabile e prevedibile rispetto alle fonti rinnovabili come il solare, l’eolico e l’idroelettrico, che dipendono da condizioni meteorologiche costanti o da cicli stagionali per produrre energia. Le centrali nucleari, invece, non dipendono dalle condizioni meteorologiche, richiedono meno manutenzione e possono funzionare più a lungo prima di essere rifornite. Non sorprende che il nucleare detenga attualmente il più alto “fattore di capacità” valutato, pari al 92%, rispetto ad altre fonti energetiche (tra cui il gas, 57%; l’eolico, 35%; o il solare, 25%).
L’energia nucleare è stata storicamente un potente motore di cambiamento nella riduzione delle emissioni di gas serra a livello nazionale. Il Breakthrough Institute ha analizzato i percorsi nazionali di decarbonizzazione adottati dai Paesi che hanno registrato i più rapidi cali storici dell’intensità di carbonio in un periodo di 10 anni. Quattro dei cinque Paesi che hanno registrato le diminuzioni più rapide hanno raggiunto questi obiettivi utilizzando un mix di reattori nucleari ed energia idroelettrica su larga scala.
Il nucleare rappresenta attualmente solo il 10% della fornitura globale di energia elettrica. Entro il 2040, l’AIE (Agenzia Internazionale per l’Energia) prevede che la capacità nucleare raggiungerà solo 582GW, ben al di sotto dei 730GW che necessari entro il 2050 per lo scenario ‘Net Zero’.
I problemi del nucleare
Certo, il nucleare è “verde” secondo la tassonomia UE, ma non è per questo un’energia pulita e scevra di pericoli, come abbiamo visto in passato con i vari incidenti nelle centrali (Three Mile Island negli Usa nel 1979, Chernobyl in URSS nel 1987 e Fukushima in Giappone nel 2011).
“Una sfida è rappresentata dall’elevato costo del capitale – proseguono da TCW – con il miglioramento delle tecnologie rinnovabili e dello stoccaggio delle batterie, il costo relativo dell’energia nucleare aumenta.
Un altro fattore significativo è la persistente paura dell’opinione pubblica sulla sicurezza nucleare. Tuttavia, i dati suggeriscono che le preoccupazioni sulla sicurezza dell’energia nucleare sono esagerate: se confrontato con i tassi di mortalità associati ad altre fonti energetiche, il record di sicurezza del nucleare è pari a quello delle fonti rinnovabili. Anche il trattamento delle scorie nucleari, note anche come combustibile nucleare esaurito (SNF), rimane un problema. L’Associazione Nucleare Mondiale sostiene che oltre il 90% dei sottoprodotti nucleari sono a basso livello e solo l’1% è radioattivo”.
Il caso degli SMR
Gli SMR sono piccoli reattori modulari che possono risultare fondamentali per accelerare la diffusione dell’energia nucleare. Da un punto di vista progettuale, gli SMR mostrano miglioramenti rispetto ai reattori tradizionali in termini di sicurezza e scalabilità. Il principale miglioramento della sicurezza degli SMR è la funzione di raffreddamento automatico, che ricircola l’acqua per raffreddare il reattore, mentre i reattori tradizionali richiedono l’intervento degli operatori. Le dimensioni ridotte e la scalabilità degli SMR offrono inoltre diversi vantaggi, consentendo di utilizzarli in un maggior numero di aree geografiche e per una gamma più ampia di esigenze energetiche. Inoltre, gli SMR avranno probabilmente un design standard piuttosto che un design personalizzato per ogni luogo, il che contribuirà a migliorarne l’efficienza e l’affidabilità.
Nonostante questi vantaggi, la nuova tecnologia è associata ad alcuni potenziali svantaggi. Gli SMR richiedono in genere livelli di arricchimento del combustibile più elevati rispetto ai loro omologhi più grandi, il che potrebbe esacerbare le difficoltà associate alla gestione delle scorie nucleari.
Chi investe nel nucleare
Tra i primi 10 Paesi per capacità nucleare in costruzione, i mercati emergenti rappresentano oltre l’80%. Come illustrano da TCW, il presidente sudcoreano Yoon Sukyeol ha annunciato l’intenzione di portare il nucleare al 30-35% della capacità totale di produzione di energia del Paese, ponendo fine alla politica di eliminazione graduale messa in atto dal suo predecessore. La Cina ha in programma la costruzione di 150 reattori nucleari nei prossimi 15 anni, pari a un numero di reattori superiore a quelli costruiti a livello globale negli ultimi 35 anni. Anche in Giappone, i recenti allarmi di blackout in tutto il Paese hanno riacceso il sostegno pubblico per l’energia nucleare, portando l’amministrazione ad annunciare un rilancio del programma nucleare del Paese.
“L’Europa non è l’unica regione che punta sul nucleare – interviene Yun Bai, Head of Factor Investing Research di Vontobel – Alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) del 2021, la Cina, leader mondiale nella produzione di energia solare, eolica e idroelettrica, ha annunciato la costruzione di 150 nuovi reattori fino al 2035.
Un investimento enorme, pari a circa 440 miliardi di dollari, che farà progredire il Paese verso l’obiettivo di passare da un’economia ad alta intensità di carbone a un’economia neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio. Per dare un’idea dell’entità dell’investimento cinese, si consideri che attualmente sono in funzione 440 reattori in tutto il mondo. A differenza delle fonti rinnovabili, l’energia nucleare fornisce elettricità continua che può essere adattata alla domanda. Il fatto che il leader mondiale delle rinnovabili veda chiaramente questi vantaggi del nucleare è un segnale forte e conferma quella che molti ritengono essere la combinazione vincente: nucleare e rinnovabili.
Anche gli Stati Uniti, che già gestiscono 93 reattori, stanno investendo ulteriormente nel nucleare. Attualmente sono in costruzione due reattori e il mese scorso l’amministrazione Biden ha lanciato un programma da 6 miliardi di dollari per mantenere in funzione gli attuali reattori. Inoltre, gli Stati Uniti prevedono di investire 600 milioni di dollari per testare il potenziale dei piccoli reattori modulari (SMR) e dei reattori nucleari avanzati”.
Come investire
“Nei prossimi anni, gli investito.ri potranno approfittare della necessità di ridurre le emissioni di CO2 e della tendenza all’autosufficienza energetica investendo nell’intero ciclo di vita della produzione di energia nucleare, dall’estrazione alla generazione di energia – concludono da Vontobel – In questo contesto, gli investitori che intendono partecipare a questo nuovo trend potranno trovare opportunità interessanti dall’esposizione al settore dell’energia nucleare”.
Sul settore sono disponibili un certificato di Vontobel sia due Etf, emessi da Global X e da HANetf: proprio quest’ultimo ha annunciato di aver superato la soglia dei 10 milioni di euro di masse.