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Oggi vi parlo di una interessante analisi prodotta dal Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), un’organizzazione di ricerca indipendente che si occupa di rivelare le tendenze, le cause e l’impatto sulla salute, nonché le soluzioni all’inquinamento atmosferico.
Il Centro ha rilasciato un corposo report dal titolo “Financing Putin’s war: Fossil fuel imports from Russia in the first 100 days of the invasion“. In realtà è l’aggiornamento di una ricerca periodica che il centro porta avanti dall’inizio della guerra per monitorare le vendite di combustibili fossili da parte della Russia alle altre nazioni. Amiche e (soprattutto) nemiche!
Alcuni numeri sulle esportazioni di fossili
Leggendo il report si scopre che le tante belle parole sprecate in televisione dai nostri politici, durano il lasso di tempo di un’intervista. La realtà è ben diversa, come raccontano i numeri. Peraltro trovati su fonti pubbliche di tutto rispetto come Eurostat: https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/, ENTSOG transparency platform: https://transparency.entsog.eu/, e UN COMTRADE: https://comtrade.un.org/Data/
Per esempio, nei primi 100 giorni di guerra (dal 24 febbraio al 3 giugno) la Russia ha guadagnato 93 miliardi di euro di entrate dalle esportazioni di combustibili fossili. Le entrate sono stimate in 46 miliardi di euro per il petrolio greggio, 24 miliardi di euro per il gasdotto, 13 miliardi di euro per i prodotti petroliferi, 5,1 miliardi di euro per il GNL e 4,8 miliardi di euro per il carbone.
Chi importa petrolio russo?
L’UE ne ha importato il 61%, per un valore di circa 57 miliardi di euro. I maggiori importatori sono stati Cina (12,6 miliardi di euro), Germania (12,1 miliardi di euro), Italia (7,8 miliardi di euro), Paesi Bassi (7,8 miliardi di euro), Turchia (6,7 miliardi di euro), Polonia (4,4 miliardi di euro), Francia (4,3 miliardi di euro) e India (3,4 miliardi di euro).
La differenza tra Italia e Francia è lampante
Come avete notato, l’Italia nei primi 100 giorni di guerra è stata il terzo paese importatore di fossili russi. Guardate adesso la posizione della Francia. Un Paese simile al nostro per popolazione, economia e consumo di energia. Che però ha importato meno della metà dell’Italia dimostrandosi quindi più resiliente alla crisi energetica.
Motivo? Basta guardare al mix energetico dei due Paesi per scoprirlo! Ecco qui i grafici sempre di fonte CREA. Sul sito basta andare sulla pagina dedicata alla Power Generation e selezionare il Paese che si vuole analizzare.
La Francia produce gran parte della sua energia in casa con il nucleare.
Mentre l’Italia, grazie al referendum di 40 anni fa ha pensato bene di abolire il nucleare e affidarsi alle fossili. Di cui il gas naturale è la componente principale. Ahinoi! E senza nulla togliere agli ecologisti, c’è ben poco da grattare dalle rinnovabili. Meditate gente, meditate.