La guerra tra Russia e Ucraina non ha solo fatto schizzare al rialzo i prezzi di petrolio e gas, ma ha messo in difficoltà anche l’intero settore dell’agricoltura, di cui i due Paesi sono importanti produttori, soprattutto di cereali, ma anche di fertilizzanti ad esempio. Serve così focalizzarsi sul settore dell’agritech, in grado di aumentare la resa e ottimizzare i costi.
Ne parla in questo intervento Giacomo Calef, Country Manager di NS Partners, società ginevrina fondata nel 1964 e specializzata nelle gestioni dei grandi patrimoni. Una tematica che si rifà ai megatrend demografici.
Come sappiamo, l’inasprimento del conflitto Russia-Ucraina ha creato non pochi disagi alle economie mondiali. Il mercato delle materie prime, in particolare quello agricolo, è uno dei settori che più ne ha risentito. Da un lato il rialzo dei prezzi dei beni agricoli è stato trainato dall’assenza dell’Ucraina dal mercato in cui da sola contava il 50% dell’olio di girasole, il 10% del grano, il 15% del mais delle esportazioni mondiali; dall’altro è stato complice l’aumento del prezzo dell’energia e, soprattutto, dei pesticidi dove la Russia rappresenta un produttore strategico.
Tuttavia, il particolare contesto storico che stiamo vivendo non potrà far altro che avvicinare il settore verso un’agricoltura 4.0 dove ampio spazio sarà necessariamente dato alle rinnovabili come fonte di energia. Secondo uno studio condotto dal NREL del dipartimento dell’energia degli Stati Uniti, la pratica di combinare l’attività agricola alla produzione di energia elettrica da pannelli fotovoltaici, che prende il nome di “Agrivoltaics”, potrebbe portare ad ottime sinergie: efficientamento della produzione del suolo (186%), risparmio idrico (15-30% circa) e, soprattutto, una maggiore resilienza del settore.
A fronte di un’attuale capacità installata di 14 GW in tutto il mondo (di cui più di 3000 impianti in Giappone), l’applicazione di questo sistema potrebbe avere una potenziale capacità tecnica di produzione di 1700GW nella sola Germania, che è stata anche sede del progetto pilota nel periodo 2016-2021. Le aziende agricole, inoltre, risultano quelle che risentono maggiormente dell’invecchiamento della popolazione attiva nel settore e del ricambio generazionale.
La “deruralizzazione” della società è infatti un fenomeno ormai comune ai paesi sviluppati, iniziato a partire dagli anni ’50 e che, a fronte di una minore manodopera impiegata nei campi, richiederà una sempre maggiore efficienza e produttività. John Deere, che ad oggi rappresenta il più grande produttore a livello mondiale di attrezzatura per l’agricoltura, ha iniziato a produrre macchinari sempre più tecnologici e legati al digitale: le sue attrezzature forniscono una tecnologia in grado di raccogliere dati per massimizzare la resa dei raccolti.
Lo scorso gennaio 2022 la società ha presentato il primo trattore che, grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, sarà in grado di gestire al meglio i terreni raggiungendo livelli di produttività dei terreni ottimali e riducendo l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi durante la fase produttiva. Il settore tecnologico legato all’agricoltura è stimato attorno ai 13,7 miliardi di dollari a livello internazionale, ha continuato a crescere anche nel 2020 (+76% rispetto al 2019). Il digitale e il rinnovabile, dunque, si rivela ancora una volta degli ambiti intelligenti in cui investire vista la praticamente infinita vastità di applicazioni possibili oggi, e soprattutto in futuro, che sta facendo realizzare profitti record.