In questi giorni si parla tanto di Afghanistan, con un focus da parte dei media per le terribili condizioni di vita che aspettano i suoi abitanti. A prescindere dal dramma umano e sociale, da investitore e da analista sono andato oltre, e mi sono posto alcune domande per capire come l’evoluzione della situazione in Afghanistan possa pesare in termini geopolitici e di economia globale.
Come sanno i lettori dei miei libri, io ragiono per scenari di investimento di medio e lungo termine, su cui poi costruisco portafogli guidati dai fattori demografici, ambientali, tecnologici e geo-strategici. E questa è l’occasione per creare un nuovo scenario.
In questo articolo vi darò solo degli spunti di riflessione. Il motivo è che: 1) io non fornisco la “pappa pronta” ma voglio stimolare il lettore alla riflessione e all’approfondimento; 2) questa analisi la sto creando per clienti che mi pagano per farlo; 3) è ancora un’analisi in corso d’opera ma voglio condividere con voi alcuni pensieri iniziali.
La geopolitica
Le prime domande a cui vi stimolo a trovare risposta sono le seguenti. Ogni domanda ha conseguenze sull’economia, sui corsi delle borse e su rapporti ed equilibri tra nazioni e blocchi (Occidente contro Oriente, USA contro Cina, ecc.). A iniziare dal fatto che se l’amministrazione Biden viene messa in crisi magari S&P500 e Nasdaq possono soffrirne.
L’impatto sul settore della Difesa
Come ricorderanno i lettori più attempati, un vecchio film di Alberto Sordi del 1974 si intitolava “Finché c’è guerra c’è speranza”. Qui sotto guardatevi il trailer.
Ebbene, in 20 anni di guerra in Afghanistan i contractor della Difesa USA e non solo loro hanno fatto soldi a palate nella fornitura di armi, mezzi militari, aerei, elicotteri, personale di sicurezza, ecc.
Un’analisi uscita pochi giorni fa sul sito The Intercept mette nero su bianco quali sono le aziende della Difesa che hanno maggiormente beneficiato dei contratti nella zona di guerra. E ora, come reagiranno i loro titoli in Borsa?
Afghanistan e materie prime
Gli Afgani sono sono mai riusciti (finora) a sfruttare le materie prime del sottosuolo. Uno dei Paesi più poveri al mondo (reddito pro-capite di 2.000 dollari all’anno) è ricchissimo di minerali che oggi servono per la corsa alla transizione energetica. Ecco qui sotto la mappa dei giacimenti (a sinistra) e delle attuali esportazioni (a destra).
La Cina è vicina all’Afghanistan
E parlando di commodity è automatico parlare di Cina, che è vicina geograficamente all’Afghanistan e si prepara a entrarci sfruttando il vuoto lasciato dagli americani. Questa nazione potrebbe giocare un ruolo molto importante nel progetto della Nuova Via della Seta (per sapere cos’è leggetevi questo articolo nel sito e guardatevi la mia video-intervista sul tema a BFC TV).
Qui sotto vi metto la mappa tratta dal sito del Ministero Afghano degli Affari Esteri, e vi invito a leggere il report sulla cooperazione tra la nazione e la Cina. Adesso avete molti spunti di riflessione che sono sicuro vi apriranno nuovi orizzonti su quello che si profila all’orizzonte in un’area del globo da tenere sotto osservazione da parte degli investitori italiani più attenti e coscienziosi. Come siete voi lettori di questo sito e dei miei libri!
Conclusioni
In questo articolo vi ho dato alcuni spunti di riflessione. L’analisi che sto conducendo è ovviamente molto più articolata e complessa e si estende al Pakistan e alla sua economia, alla lotta per le fonti energetiche nella regione, agli equilibri tra Paesi ex-nemici e all’intreccio diplomatico tra Oriente e Occidente.
A metà settembre metterò online (a pagamento) questa analisi sotto forma di video. Chi fosse interessato troverà al momento giusto le informazioni su questo sito, altrimenti per il “fai da te” la rete Internet pullula di analisi e documenti facilmente reperibili e consultabili. Alcune fonti “serie” le trovate già in questo articolo.
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