HANetf ha quotato su Deutsche Börse Xetra ed Euronext Paris il Future of European Defence UCITS ETF (Isin: IE000I7E6HL0 – ticker: ARMY), che arriverà prossimamente anche su Borsa Italiana. Mira a fornire esposizione alla spesa per la difesa e la cybersicurezza dei Paesi membri della NATO e dei loro alleati (esclusi gli Stati Uniti).

“Per quanto impressionanti siano stati gli aumenti della spesa europea per la difesa negli ultimi anni, la crescita potrebbe essere solo all’inizio – avvisa Tom Bailey, Head of ETF Research di HANetf – L’establishment europeo della difesa è stato scosso da una serie di fattori proveniente da Oltreoceano. L’avvertimento è chiaro per i leader europei: gli USA non sono più il garante incrollabile della sicurezza che l’Europa pensava fossero. Di conseguenza, tra i leader europei è emerso un nuovo senso di urgenza”.

Con l’aumento delle minacce e il sostegno degli Stati Uniti non più garantito, i membri europei della NATO stanno così rivedendo profondamente le loro strategie di difesa e incrementando in modo significativo la spesa militare. Dopo un decennio in cui non hanno raggiunto l’obiettivo del 2% del PIL, l’Europa ha speso collettivamente circa 850 miliardi di euro in meno rispetto al necessario. Ora, per ricostruire e modernizzare le forze armate, i governi stanno indirizzando questi nuovi investimenti verso aziende europee della difesa – rafforzando così l’autonomia strategica del continente.

Il fondo ha un portafoglio concentrato di una trentina di titoli e investe quasi unicamente in aziende del Continente: quelle extra europee per ora valgono circa il 5% degli asset.

“Nel Regno Unito, sono stati di recente stanziati 2,2 miliardi di sterline in più per la difesa, con l’obiettivo di raggiungere il 2,5% del PIL entro il 2027 – ricorda Bailey – L’attuale governo britannico, inoltre, ha dichiarato che mira a raggiungere il 3% del PIL entro il prossimo parlamento.

Il prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha annunciato un ampio pacchetto di spese per la difesa e ha modificato le norme tedesche sul debito per esentare parzialmente le spese militari. Per anni, l’industria tedesca degli armamenti è stata limitata dall’esitazione politica e dalle rigide regole del debito pubblico. Le riforme di Merz hanno cambiato le cose. I produttori tedeschi come Rheinmetall, Hensoldt e Renk dovrebbero ora aumentare la produzione per soddisfare la crescente domanda e, di conseguenza, la Germania che a lungo è stata criticata per i suoi scarsi investimenti nella difesa si sta posizionando ora come uno dei principali attori del riarmo europeo”.

Certo, la strada verso il 5% è ancora lunga, ma anche in uno scenario di crescita “a ribasso” andremo comunque incontro ad un aumento significativo della spesa per le attrezzature del comparto.

A fare i conti è lo stesso Bailey. “Se ipotizzassimo un raggiungimento inferiore rispetto a quello richiesto dagli Stati Uniti, con i bilanci della difesa della NATO (ex USA) che raggiungono il 3% del PIL entro il 2029, con una spesa per le attrezzature che rimane al 31,6% del bilancio totale e un PIL collettivo che cresce dell’1% all’anno, questo comporterebbe comunque un aumento della spesa per la difesa di 92 miliardi di dollari, una quota decisamente significativa per le entrate globali del settore. Si tratterebbe di una spinta pluridecennale favorevole per le aziende europee del settore della difesa e per gli innovatori della tecnologia militare. Tutto questo verrebbe determinato non solo dall’enorme aumento della spesa per la difesa, ma anche dal riorientamento di tale spesa verso le aziende europee, un settore che continuerà a crescere con i fornitori europei che saliranno alla ribalta man mano che la dipendenza dalle aziende statunitensi si ridurrà nel tempo”.