Trump e Groenlandia, cosa c’è sotto? L’acquisto (o la conquista) della Groenlandia non è una boutade da campagna elettorale per Trump, che aveva già ipotizzato l’operazione durante il suo primo mandato. Ma ha colto lo stesso di sorpresa gli europei e la Danimarca, da cui la Groenlandia dipende sia in termini politico amministrativi sia economici, visto che il settore pubblico conta per quasi la metà dell’occupazione domestica e l’economia del paese è basata principalmente sull’industria ittica e sul settore turistico in crescita, oltre che ad alcune attività minerarie (attualmente ha due miniere attive).

“Il Paese è fortemente dipendente dal supporto del governo danese sotto forma del “bloktilskud”, un finanziamento a fondo perduto, che conta per la metà delle entrate pubbliche – dettaglia un report di Coface – Il 50% delle esportazioni è verso la Danimarca e il 60% delle importazioni proviene da quest’ultima”.

La questione economica e della difesa….

Ma perché la Groenlandia è così importante da essere diventato una fissa per Trump, passato dall’ipotesi di un acquisto a quella di una invasione?

Secondo Ernesto De Martinis, CEO Regione Mediterraneo & Africa Coface: “La Groenlandia è un territorio importante da un punto di vista globale e negli ultimi anni è stata oggetto di interessi crescenti, tra cui l’ipotesi di investimenti cinesi nel settore minerario e nelle infrastrutture, generando insoddisfazione da parte del governo statunitense. L’isola è particolarmente importante per gli Stati Uniti per tre aspetti principali: difesa, commercio e minerali critici. In sintesi, la Groenlandia rappresenta una combinazione di risorse strategiche, economiche e militari che la rendono un asset importante per chiunque voglia consolidare la propria posizione globale, e Trump ha visto un’opportunità per rafforzare la sua influenza”.

Minerali: la Groenlandia per ora ha un’attività mineraria limitata – due sole miniere incentrate su terre rare e oro – ma si evidenzia molta attività di esplorazione e rilascio di licenze in virtù del notevole potenziale in termini di risorse naturali, inclusi molti metalli e minerali rari. Il paese detiene 25 dei 34 minerali critici indicati dalla Commissione Europea – spiegano da Coface – Tuttavia, considerato il clima sfavorevole e le temperature rigide molte ricerche hanno rilevato che sarebbe troppo oneroso estrarre la maggior parte delle risorse potenziali. Con la crescente capacità di adattamento e per evitare un’eccessiva dipendenza da alcuni paesi, in aggiunta all’aumento delle temperature, la prospettiva dell’estrazione mineraria in Groenlandia appare più favorevole. Tuttavia, queste prospettive sono limitate dalla politica interna, dopo l’introduzione nel 2021 da parte del governo una legislazione che prevede la fine del rilascio di nuove licenze per l’esplorazione di petrolio e gas, nonché una legislazione che vieta l’esplorazione e l’estrazione di uranio.

Difesa: la Groenlandia è geograficamente parte del continente nordamericano e dista soli 2.000km dal Maine settentrionale e la stessa distanza dalla Russia continentale. Gli Stati Uniti dispongono già di una presenza militare nel paese, la base spaziale Pituffik (attualmente utilizzata per allerta e sorveglianza), attiva dal 1940.

Commercio: con le temperature in rapido aumento al Polo Nord, si prevede la nascita di nuove rotte commerciali che ridurrebbero di un terzo la durata del viaggio tra l’est asiatico e l’Europa. L’importanza geopolitica della Groenlandia è in aumento in quanto avrebbe voce in capitolo sull’utilizzo delle sue acque e quindi sul commercio globale.

… e quella politica

Il tema Groenlandia è ancora più attuale perché ad aprile si svolgeranno le elezioni politiche nel piccolo Paese, che conta circa 60mila abitanti.

Le elezioni con ogni probabilità si focalizzeranno sul futuro del Paese e sulla eventuale indipendenza, come ha dichiarato anche l’attuale Primo Ministro, Múte B. Egede, del partito Inuit Ataqatigiit – partito socialista che punta all’indipendenza del Paese. “Nel suo discorso di fine anno, ha dichiarato che nel prossimo mandato potrebbe istituire una commissione per definire ciò che identifica un referendum legittimo, quale domanda deve essere presentata e la durata della campagna – ricordano gli esperti di Coface – Ciò fa eco a un’altra commissione per la costituzione del paese presentata ad aprile 2023 al parlamento regionale che sarà promulgata una volta raggiunta l’indipendenza. In pratica, una volta che la commissione referendaria ha stabilito le modalità di svolgimento del referendum, quest’ultimo può essere dichiarato. Se il risultato fosse favorevole all’indipendenza, il parlamento danese dovrà dare il proprio consenso, cosa che secondo le aspettative verrà rispettata dal momento che solo due partiti di minoranza hanno dichiarato l’intenzione di volersi opporre.

Nel 2016 , il 64% dei residenti lo considerava “abbastanza importante”, ma in termini di tempistica la questione è più complicata. Ma nel 2017 quasi l’80% dei cittadini e dei politici ha dichiarato contrarietà all’indipendenza se avesse comportato un peggioramento della qualità di vita, cosa che potrebbe accadere se l’indipendenza significasse la fine del finanziamento a fondo perduto della Danimarca”.

Alla luce delle tante questioni irrisolte (dalla politica monetaria a considerazioni pratiche su manodopera, maggiori strutture per l’istruzione, ecc.., e on la commissione che necessita di concludere il proprio lavoro, è improbabile un referendum nel breve periodo (nei prossimi due anni) e anche successivamente permangono disaccordi su quando sarà condotto. Anche nel 2025, la maggior parte dei partiti non ha intenzione di fissare una data per il referendum, incluso il partito più favorevole all’indipendenza, Naleraq”.

“Un eventuale voto per l’indipendenza nel prossimo decennio solleva una questione fondamentale sul futuro della Groenlandia – concludono da Coface – Considerato il numero contenuto della popolazione, probabilmente dovrà dipendere da un paese più grande, sia che sia attraverso un accordo di libera associazione con la Danimarca, oppure con altri Paesi, come Stati Uniti o Cina”.