La vittoria di Donald Trump porta inevitabilmente a interrogarsi sul futuro delle politiche climatiche degli Stati Uniti e, in particolare, dei mercati di crediti di CO2 regolamentati. Poiché con l’amministrazione Trump l’attività per il clima portata avanti a livello federale probabilmente rallenterà, l’attenzione si sposta ora sulle iniziative dei singoli Stati come il Programma Cap-and-Trade della California e la Regional Greenhouse Gas Initiative (RGGI), che copre il settore energetico in tutti gli Stati del Nord-Est e della regione medio atlantica.

Luke Oliver, Head of Climate Investments di KraneShares

Di seguito, Luke Oliver, Head of Climate Investments di KraneShares, illustra le ragioni per cui è probabile che questi mercati dei crediti di CO2 gestiti dagli Stati rimangano resilienti, e possano persino rafforzarsi, in risposta a un cambiamento nella leadership a livello federale.

  •  1. Indipendenza a livello statale: a differenza delle politiche climatiche federali, i compliance carbon markets negli Stati Uniti sono istituiti e gestiti a livello di singolo stato. La California e gli Stati aderenti alla RGGI stabiliscono le proprie regole, rendendo questi programmi in gran parte indipendenti dall’influenza federale. Questa autonomia locale consente loro di continuare a perseguire obiettivi climatici ambiziosi, indipendentemente dai cambiamenti in atto a Washington. Nuovi programmi di cap-and-trade che coprono vari settori dell’economia sono allo studio: lo Stato di New York, ad esempio, sta attualmente progettando il proprio mercato, mentre l’Oregon, il Maryland, il Vermont e il New Jersey hanno già delle proposte in corso.
  •  2. Comprovata resilienza a livello legale: sia il programma della California che la RGGI hanno resistito a numerose sfide legali, dimostrando la loro solidità. Questa resilienza suggerisce che, anche con un’amministrazione federale più conservatrice, questi mercati sono pronti a difendersi e a continuare a guidare la riduzione delle emissioni. Date le normative già presenti, gli sforzi per smantellare questi programmi a livello federale incontrerebbero notevoli ostacoli legali. Il recente referendum sul programma Cap-and-Invest di Washington ha avuto un forte sostegno popolare, fornendo un’ulteriore prova della resilienza dei sistemi cap-and-trade che non solo riducono le emissioni, ma portano benefici anche alle comunità locali.
  •  3. Potenziale per rafforzare i programmi: storicamente, gli Stati con obiettivi climatici ambiziosi, che spesso sono Stati a maggioranza democratica, tendono a intensificare le iniziative per il clima quando incontrano una resistenza a livello federale. La vittoria di Trump potrebbe quindi portare la California e gli Stati della RGGI a rafforzare i loro programmi. Ciò potrebbe tradursi nell’inasprimento dei limiti di emissioni, nell’aumento dei prezzi della CO2 o nell’espansione dei settori coperti dai loro sistemi. 
  • 4. Il sostegno ai combustibili fossili potrebbe far aumentare la domanda di quote di CO2: si prevede che il nuovo governo darà priorità allo sviluppo dei combustibili fossili, ridimensionando al contempo le politiche che sostengono le energie rinnovabili e i veicoli elettrici. Molti degli interventi normativi dell’amministrazione Trump hanno dovuto far fronte a sfide legali significative durante il suo primo mandato. Tuttavia, se alcuni di questi interventi avranno successo, come quello volto a limitare lo sviluppo dell’energia eolica offshore sulla costa orientale, probabilmente l’uso di combustibili fossili aumenterà, e di conseguenza crescerà anche la domanda di quote di CO2 per coprire l’aumento delle emissioni che ne deriverebbe. Sebbene riteniamo sia bassa la probabilità di un impatto sostanziale sui programmi cap-and-trade, il rischio sembra orientato al rialzo, evidenziando la crescente importanza del carbon pricing come strumento chiave per raggiungere gli obiettivi climatici.
  •  5. Incentivo all’introduzione di dazi sulla CO2: su un piano più speculativo, con l’amministrazione Trump favorevole all’imposizione di dazi sui beni stranieri, vediamo una potenziale opportunità per gli Stati Uniti di introdurre dazi sulla CO2 in modo simile a quanto fatto da UE e Regno Unito con il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM). Un meccanismo simile potrebbe dare impulso all’industria statunitense nei settori già messi in primo piano dal presidente Trump, tra cui quello dell’acciaio e dell’alluminio, scoraggiando le importazioni estere e mantenendo al contempo il paese competitivo rispetto ad altre nazioni che hanno o prevedono di implementare il CBAM.

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