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Settimana scorsa abbiamo pubblicato un lungo articolo sullo stato degli investimenti nel reddito fisso del Paesi Emergenti per l’ultima parte del 2024 e il 2025. Un argomento che ha suscitato grande interesse nei lettori alla ricerca di investimenti alternativi ai mercati azionari occidentali ipercomprati e concentrati su pochi titoli tecnologici, che sembrano ormai vacillanti.
Oggi pubblichiamo a completamento della trattazione sul mercati obbligazionari di settimana scorsa questa lunga analisi di Philippe Noyard, Global Head of Fixed Income di Candriam, sperando che possa esservi di aiuto nei vostri processi decisionali.
Tassi USA: dai dati continuano i segnali a supporto di un allentamento
Negli Stati Uniti la crescita continua a sorprendere al ribasso, come dimostrano i dati per il mese di giugno. Infatti, sia l’ISM manifatturiero che quello dei servizi hanno riportato valori inferiori a 50, un evento raro dopo la pandemia di Covid. Allo stesso modo, il mercato del lavoro ha mostrato segni di debolezza, con un modesto calo dei posti di lavoro non agricoli e un incremento del tasso di disoccupazione al 4,1%. Infine, i dati sull’inflazione (compreso il PCE) sono leggermente diminuiti. Tuttavia, la Fed ha continuato a mantenere toni relativamente cauti e i dot plot indicano ancora meno di 2 tagli dei tassi. A nostro avviso, un primo intervento in tal senso avverrà a settembre.
Le imminenti elezioni statunitensi sembrano essere una significativa fonte di preoccupazione sia sul fronte dei tassi che della volatilità. Il risultato avrà infatti un impatto rilevante sullo scenario fiscale degli Stati Uniti e sull’economia in generale.
Il quadro generale suggerisce di privilegiare una posizione long sui tassi statunitensi (in particolare sulle scadenze a 5 e 10 anni). Tali segmenti continuano a presentare una migliore dinamica di carry rispetto alla parte a breve e restano un porto sicuro in caso di un maggiore rischio geopolitico.
Duration in euro: positiva nel complesso, negativa per la Francia
La BCE ha abbassato i tassi per la prima volta in cinque anni e ci aspettiamo altri due tagli quest’anno, il prossimo dei quali a settembre. Inoltre, le stime di inflazione e crescita per il 2024 e il 2025 sono state riviste al rialzo, sebbene le aspettative inflazionistiche siano ancora inferiori a quelle di dicembre 2023.
Nel complesso, riteniamo che il trend disinflazionistico continuerà, mentre le prospettive macroeconomiche rimarranno deboli. Inoltre, i dati tecnici dovrebbero rivelarsi piuttosto favorevoli, poiché le dinamiche dei flussi sono in miglioramento e il ritmo dell’offerta dovrebbe ridursi nel secondo semestre, mentre il posizionamento degli investitori sulla duration sembra essere rimasto abbastanza stabile. Pertanto, manteniamo il lieve sovrappeso sui tassi in euro e siamo alla ricerca di condizioni migliori per prendere profitto dalla nostra posizione.
Le elezioni legislative francesi si sono concluse senza che nessun partito sia riuscito a ottenere la maggioranza in Parlamento. In un contesto in cui il deficit fiscale del paese è già sotto osservazione (dalle agenzie di rating e in merito al rispetto delle normative UE) e in assenza di un sostegno monetario, è probabile che i tassi e gli spread francesi siano oggetto di pressioni costanti. Manteniamo il nostro sottopeso sulla Francia, data l’incertezza sulla possibile formazione di un governo e sulle successive politiche fiscali.
Sul fronte non-core, le valutazioni rimangono discrete e le dinamiche dell’offerta sono ora più favorevoli anche per questo segmento, ad eccezione dell’Italia. Abbiamo aperto una posizione long sulla Spagna, dove riscontriamo stabilità politica e una situazione fiscale notevolmente migliorata.
Credito in euro: spread ancora ristretti e fondamentali resilienti
Continuiamo a mantenere una view neutrale sull’asset class investment grade in euro. Finora, la stagione degli utili si è rivelata positiva per le società europee, con le sorprese positive che sono state nettamente maggiori di quelle negative (nelle stime). La volatilità settoriale nel mese è stata in larga parte determinata dagli eventi in Francia; alcuni segmenti, come quello assicurativo, quello bancario, le utility, l’edilizia e i media, hanno infatti sofferto un ampliamento degli spread data la loro esposizione diretta e indiretta al rischio francese.
Al contrario, alcuni settori non finanziari si sono rivelati resilienti per via di una ridotta esposizione diretta alla Francia e/o di storie idiosincratiche, come il settore dei materiali di base, il settore chimico, il food & beverage e la tecnologia. Nonostante la recente volatilità del repricing, i mercati del credito non hanno risentito di alcun deterioramento della domanda sul mercato primario né di una forte pressione di vendita su quello secondario, a riprova della preferenza degli investitori per il credito e della resilienza del segmento. Tuttavia, gli spread rimangono a livelli molto ristretti e non sembrano prezzare adeguatamente i rischi.
Abbiamo rivisto leggermente al rialzo la nostra view sull’high yield in euro, da negativa a neutrale. I fondamentali restano positivi e la maggior parte delle società si concentra sulla riduzione dell’indebitamento per adattare la struttura di capitale a un contesto di tassi più elevati più a lungo. Questo segmento, inoltre, è stato oggetto di una correzione meno marcata rispetto all’IG da quando è aumentata l’incertezza politica in Francia.
Emergono alcune incrinature nella parte inferiore dello spettro dei rating, poiché alcuni bilanci non sono sostenibili nel nuovo regime dei tassi di interesse. I dati tecnici rimangono solidi, con un numero maggiore di rising stars rispetto ai fallen angels e con i crediti più deboli declassati a CCC o rating inferiore. Le dimensioni dei mercati High Yield si riducono e la domanda si conferma robusta, soprattutto in Europa. Continuiamo ad avere una view negativa sull’high yield statunitense, dove gli spread sono meno interessanti e i fondamentali sono più deboli.
Mercati emergenti: prese di profitto dal sovrappeso nei corporate
Manteniamo una posizione neutrale sul debito sovrano dei paesi emergenti. A nostro avviso, questioni importanti come la dinamica inflazionistica positiva, l’allentamento delle banche centrali e il consolidamento fiscale sembrano integrati nei premi al rischio di molti crediti. Alcuni paesi, come l’Indonesia, partono da livelli debito/PIL relativamente contenuti e hanno predisposto piani sostenibili per accrescere l’indebitamento, investendo in attività a valore aggiunto e in progetti che ampliano il moltiplicatore fiscale, come i pasti scolastici gratuiti per tutti gli alunni.
Altri paesi non sono nella stessa posizione, per cui un’ulteriore emissione di debito potrebbe contribuire a un ampliamento degli spread nel corso dell’anno, compensando parte dei guadagni sul fronte della duration derivanti da un calo dei tassi privi di rischio.
Pur avendo una posizione positiva sui titoli corporate dei mercati emergenti, abbiamo deciso di prendere profitto poiché, dopo la loro forte corsa, gli spread appaiono ora molto ristretti in un contesto globale che sta diventando meno favorevole.
Foto di copertina di Lara Jameson da Pexels.com