L’inflazione americana sorprende al ribasso con un dato sotto le aspettative; i rendimenti dei titoli governativi decennali scendono in America e in Europa. I mercati azionari concludono una settimana positiva, anche se dominata dal valore e non dalla crescita, e dalla rotazione in azioni a piccola capitalizzazione. L’indice Giapponese Nikkei 225 stabilisce un nuovo massimo storico prima della sua discesa venerdì. La Banca Centrale Europea giovedì manterrà i tassi invariati; fare attenzione all’inflazione Europea mercoledì 17 e ai risultati delle società americane per il secondo trimestre dell’anno; questi cominceranno ad arrivare in massa questa settimana. Il principale rischio è che l’inflazione rimanga a livelli più alti più a lungo, costringendo le Banche Centrali a ritardare I possibili tagli dei tassi, seguito da complicazioni a livello geopolitico e dalle elezioni – quelle Americane a Novembre – sono da seguire con molta attenzione. Qui l’intervento di Giorgio Vintani
Più bassa l’inflazione, più bassi i rendimenti dei titoli governativi. I risultati delle elezioni francesi danno al Presidente Macron diverse possibilità per il nuovo governo e gli permette di continuare con l’attuale Primo Ministro fino a dopo le Olimpiadi. In seguito, è verosimile che la Francia verrà governata da una coalizione di partiti di sinistra, centro, e destra, e questa permetterà al Presidente di tagliare fuori i rami più estremi del parlamento. Verso fine settimana, la sorpresa più grande è venuto dall’indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti, con un dato inaspettatamente al di sotto delle aspettative che ha spedito gli alti rendimenti dei titoli governativi a livelli più bassi e ha reso praticamente certo un taglio della Federal Reserve a Settembre, inoltre alzando la possibilità che la banca centrale americana opti per tre tagli entro la fine dell’anno anziché due. Il rapporto sui prezzi alla produzione emesso venerdì sembrava non confermare il risultato positivo di giovedì, ma se guardiamo al dato Core, allora anche i prezzi alla produzione sembrano essere in linea con le previsioni. Inoltre, anche il Presidente della Fed Jay Powell ha aperto a possibili tagli, dicendo che se questi venissero fatti troppo tardi, potrebbero non essere sufficienti per supportare una economia in rallentamento. La possibilità che anche la potentissima economia Americana stesse per perdere qualche colpo è stata la discussione principale la settimana scorsa, ed è stata la tecnologia, finora il settore che ha trainato il rally, a perdere il maggior terreno. E’ stata una settimana in cui i titoli di valore sono stati vincenti e dominata dalla rotazione nelle società a piccole capitalizzazione, che sono state quelle che dall’inizio dell’anno hanno corso di meno. Detta rotazione deve essere interpretata come un voto di fiducia per l’economia Statunitense, visto che le small cap tendono a primeggiare quando c’è una crescita economica forte. Nel mio eterno dilemma se upgradare i mercati azionari o no, ho pensato che sarei un terribile stratega se lo facessi adesso. Avrei dovuto seguire il capo stratega di Goldman Sachs David Kostin quando ha aggiornato il suo target per l’indice S&P 500 a 5,600 punti, che è esattamente dove ci troviamo al momento. Gli utili sono molto buoni, e adesso c’è la prospettiva di avere un vento di poppa per il resto dell’anno grazie ai tagli della banca centrale Americana, ma sia le valutazioni che i rendimenti dei titoli governativi (nonostante la discesa in settimana) non mi permettono di essere più positivo sul mercato, anche se riconosco che lo stesso sia molto forte e penso che voglia andare ancora più in alto. Per quanto riguarda la Fed, c’è il 50% di possibilità al momento che possa optare per tre tagli entro la fine dell’anno, e questa è una possibilità, che almeno prima di giovedì scorso, non era incorporata nei prezzi. Va comunque detto che il mercato è spinto dagli ottimi risultati e dalla crescita inarrestabile dei titoli del settore tecnologico, piuttosto che da attese di una politica monetaria meno restrittiva da parte della banca centrale; se la forza che ha spinto la tecnologia più in alto venisse a mancare potremmo assistere a una correzione. Il vero pericolo negli Stati Uniti è che la banca centrale potrebbe andare incontro a uno scenario dove la crescita economia non è più così forte, mente l’inflazione non scende, impedendole qualsiasi possibile mossa a sostegno dell’economia. Con il primo trimestre archiviato, l’attenzione ora si rivolge al secondo trimestre, che come il suo predecessore, sembra caratterizzato da una stagione di utili forti: la previsione di crescita è stata aggiornata al 9.3% contro una previsione al 30 Giugno dell’8.9%. A molti esperti di mercato quello azionario sembra avere una valutazione particolarmente cara, ed è proprio così visto che venerdì scorso è stato raggiunto un multiplo dell’S&P 500 di 21.4x, un record recente, e certamente difficile da sostenere nel lungo periodo con tassi di interesse così alti. A un certo punto qualcosa succederà: o i rendimenti dei titoli governativi si abbasseranno sotto il 4%, o l’economia rallenterà sensibilmente (qualche crepa comincia a vedersi nelle stime per il secondo trimestre).
Mentre oltreoceano continua la discussione su un eventuale sostituto del Presidente Biden come candidato democratico alle elezioni presidenziali, e divampa lo shock per il tentativo di assassinio di Donald Trump, l’America ci ha ricordato ancora una volta perché’ continuerà ad essere il mercato principe per gli investimenti, particolarmente se l’opportunità dell’intelligenza artificiale sarà così grande come gli analisti si aspettano. Sia gli Stati Uniti che la tecnologia non hanno una sola freccia al loro arco, ma diverse aree di eccellenza. La scorsa settimana è stata caratterizzata dalla crescita del valore, con l’indice Dow Jones Industrials che ha riscontrato la migliore performance della settimana, dopo che il Giappone ha distrutto quella che sarebbe stata una performance sensazionale con una brutta discesa venerdì. Questa potrebbe essere dovuta all’intervento della Banca del Giappone a difesa dello Yen, anche se lo stimato economista Mohamed El Erian sostiene che questi tentativi portino un beneficio solamente momentaneo, ma non saranno in grado di invertire la tendenza a un ulteriore indebolimento dello Yen a meno che non siano supportati da rialzi dei tassi. In ogni caso, l’indice Nikkei 225 ha fatto segnare un nuovo massimo storico in settimana, prima di scendere venerdì. Mentre siamo in attesa degli utili del secondo trimestre, le previsioni per gli utili sono molto ottimistiche, ma le valutazioni e i tassi rimangono elevati, e prima o poi qualcosa dovrà succedere. Per il momento, possiamo mettere il cuore in pace perché’ a Luglio non vedremo i tagli dei tassi di cui abbiamo disperatamente bisogno – e questo su entrambi i lati dell’oceano. Il multiplo di 21.4x, che io non ricordo di aver visto dallo storico 1999-2000 (quando era 24x) non permette di essere tranquilli nonostante la tendenza positiva.
La raccomandazione è di essere neutrali sui mercati azionari e obbligazionari e lunghi sul mercato azionario Giapponese, coprendo però lo Yen, in attesa di ulteriori dati economici che possano dare nuove indicazioni sull’evoluzione dell’inflazione e del mercato del lavoro negli Stati Uniti e in Europa. Ho deciso di terminare la raccomandazione a favore del dollaro USA perché’ le nuove previsioni dopo l’inflazione potenzialmente mettono la Banca Centrale Americana e quella Europea sullo stesso piano, con 3 possibili tagli entro la fine dell’anno. Inoltre il differenziale di interessi tra Stati Uniti ed Europa mi sembra abbastanza nei prezzi, e noto che l’Euro è stato molto forte ultimamente, con il Dollaro che si è ritirato fin verso 1.09. Due approfondimenti questa settimana: il primo è una figura di Goldman Sachs, che ci mostra come la possibilità di recessione sia il 36%, un livello abbastanza alto secondo la storia passata. Noto comunque che è inferiore alla percentuale calcolata dalla Federal Reserve di Cleveland, il che significa che ci sono dei fattori che mitigano la possibilità di una recessione, nonostante i rendimenti dei titoli governati (sui quali la previsione americana si basa) restino comunque alti. La seconda figura di Bank of America mette l’attenzione sulle previsione dei tassi, con un consensus quasi all’unanimità per un primo tagli di 25 punti base a Settembre. La loro previsione lascia la porta aperta a una possibilità di 3 tagli entro la fine dell’anno, che come ho ricordato prima, è vicina al 50%. Non ci resta che continuare a guardare i dati!