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Con il terzo trimestre ormai agli sgoccioli, sebbene l’economia globale non sia entrata in recessione, è stata indebolita da una crescita frammentata, in quanto le ampie disparità regionali di performance hanno desincronizzato i cicli di crescita dei vari Paesi. E’ l’opinione sull’attuale congiuntura macroeconomica globale di Patrice Gautry, Chief Economist di Union Bancaire Privée.
Paesi forti e paesi deboli
A una delle estremità dello spettro si trovano gli Stati Uniti, con l’attività economica più forte tra i Paesi sviluppati. La solidità della domanda interna e del mercato del lavoro hanno compensato la pressione esercitata dalla forte inflazione e dalla forte stretta monetaria. Anche se si prevede un rallentamento nei prossimi trimestri, ci aspettiamo che la crescita degli Stati Uniti sia superiore a quella degli altri Paesi sviluppati sia nel 2023 (USA: 2,2%; G7: 1,4%) sia nel 2024 (1,6% contro 1,1%).
All’altro estremo della scala, la Cina non è riuscita a proseguire il rally post-riapertura che aveva caratterizzato il secondo trimestre. La sua politica monetaria restrittiva ha messo in luce le crepe del mercato immobiliare e ha alimentato le preoccupazioni sui fallimenti aziendali.
Di conseguenza, è probabile che la crescita cinese rallenti ancora nel terzo trimestre (previsione del 3,8% su base annua), mentre le prospettive per il 2023 sono state riviste al ribasso (prevediamo il 4,8%) e sembra improbabile che la Cina raggiunga l’obiettivo del 5% fissato per i prossimi anni a meno che non ricorra a una politica economica più aggressiva. Il motore della Cina si è fermato e questo sta rallentando le esportazioni dei Paesi sviluppati e dei Paesi emergenti produttori di materie prime.
Europa
Per quel che riguarda l’Europa, l’attività economica non è molto al di sopra del livello di recessione, e a differenza degli Stati Uniti, l’inflazione non si sta attenuando. D’altra parte, il reddito è stato favorito dagli aumenti salariali e dal miglioramento dell’occupazione, oltre che dalle misure governative elargite per compensare l’aumento dei prezzi dell’energia.
Le disparità tra i Paesi dell’eurozona si sono ampliate, mentre il Regno Unito ha dovuto far i conti con le barriere al commercio e alle assunzioni legate alla Brexit. L’inflazione elevata in Europa ha appena raggiunto il picco e non è ancora chiaro se ci si debba aspettare un’ulteriore stretta monetaria.
Anche i settori hanno mostrato andamenti divergenti: i servizi hanno tenuto bene fino al terzo trimestre, mentre l’industria manifatturiera era in recessione, alle prese con un eccesso di scorte e un ridotto portafoglio ordini.
Disparità legate a scelte strategiche
Questo sconvolgimento del ciclo globale è qualcosa di più del solito rimbalzo incompiuto che tende a verificarsi dopo una crisi. La frammentazione ha a che fare sia con la fretta con cui i responsabili delle politiche di bilancio hanno rimediato a fasi di difficoltà come la pandemia e la crisi energetica, sia con i modelli di crescita strutturalmente traballanti scelti da alcuni Paesi.
Alcune scelte strategiche devono essere riconsiderate, ad esempio la specializzazione industriale della Germania e la sua dipendenza dalle importazioni di energia a basso costo; la dipendenza della Cina dal suo settore immobiliare, che è diventato un rischio importante; e le relazioni tra Paesi sviluppati ed emergenti – sia commerciali (scambi di materie prime, componenti elettronici o farmaceutici) sia geopolitiche – che sono arrivate a presentare più rischi che opportunità.
Inoltre, i governi vedono il loro margine d’azione limitato dai costi dei loro stimoli. I crescenti deficit di bilancio stanno accumulando montagne di debito che richiederanno molti anni per essere riassorbite, eppure continuano a ritardare i tagli alla spesa.
Dopo essere scesi nel 2022 grazie alla forte attività economica, i deficit sono tornati a crescere nel 2023, una tendenza che si prevede continuerà nel 2024. Nel frattempo, il debito pubblico continua a crescere, così come la spesa per interessi, nonostante le banche centrali dei Paesi sviluppati stiano iniziando a concludere i loro cicli di stretta monetaria.
Avviare un nuovo ciclo attraverso gli investimenti
La prima azione necessaria per far ripartire l’economia mondiale è la risoluzione dei problemi interni più urgenti, come la crisi immobiliare in Cina e le interruzioni dell’approvvigionamento energetico in Europa. Le risposte per la Cina sono attese nei prossimi mesi e nei Paesi sviluppati sono già stati compiuti passi avanti per risolvere la frammentazione. In seguito, gli investimenti di capitale dovranno riprendere per dare forma a un ciclo più equilibrato.
Una saggia mossa strategica compiuta di recente da diversi Paesi è stata quella di dare priorità al sostegno fiscale per gli investimenti in nuove tecnologie, infrastrutture e adattamento al cambiamento climatico. Questo dovrebbe contribuire a normalizzare l’attività economica, a ridurre le disparità di rendimento tra le regioni e probabilmente a stimolare la concorrenza. A medio termine, dovrebbe anche aumentare il potenziale di crescita globale e gli incrementi di produttività, che erano diventati deboli prima della pandemia.
Questi investimenti in nuove tecnologie e la diffusione dell’intelligenza artificiale in tutti i settori industriali potrebbero provocare uno shock di produttività della stessa entità di quello che si è verificato quando Internet ha conquistato il mondo. Alla fine, però, l’economia frammentata dovrebbe gradualmente risincronizzarsi nel 2024 e 2025, quando i fattori di crescita si riequilibreranno e si concentreranno sugli investimenti produttivi.
Foto di copertina di Lara Jameson: https://www.pexels.com/it-it/foto/legno-mano-tenendo-cartina-geografica-8828622/
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