Il tema dell’intelligenza artificiale può essere declinato in molti modi e visto sotto innumerevoli punti di vista. La logica finanziaria prevede di analizzarlo come occasione di investimento, ma come individui vale la pena guardarlo sotto la prospettiva del mercato del lavoro. Quelli che si creerebbero ma anche quelli che si perderebbero.
La ricerca di PHD Media Italia fa proprio questo. Ecco le indicazioni della loro ricerca.
Curiosità e ansia. Paura e al tempo stesso entusiasmo. Tra “apocalittici e integrati”, così i lavoratori vedono l’innovazione e l’introduzione nel mondo delle aziende dell’intelligenza artificiale. Emerge da “Stranger Skills”, l’ultima ricerca realizzata da PHD Italia – agenzia media, di comunicazione e marketing di Omnicom Media Group – che evidenzia proprio come l’IA, per il 30% delle persone intervistate, rappresenta la principale tecnologia che verrà implementata all’interno delle imprese.
Nel 2027, secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum, con la diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale verranno creati 69 milioni di nuovi posti di lavoro mentre 83 milioni saranno eliminati, con macchine e robot umanoidi che arriveranno a svolgere il 43% delle mansioni, contro il 34% delle attuali.
“Il Tecno-entusiamo – afferma Lorenzo Moltrasio, Managing Director PHD Italia – va di pari passo con l’ombra lunga di un’ansia diffusa per la paura di essere tagliati fuori dalla prossima grande rivoluzione tecnologica. In questo l’azienda ha un ruolo sempre più strategico abbracciando l’esigenza della formazione continua per sfidare il presente e costruire il futuro”.
Lo studio evidenzia come il 72% dei lavoratori ritiene che sia proprio l’azienda a dover prevedere l’aggiornamento professionale. L’intelligenza artificiale, infatti, se da un lato comporterà la scomparsa di alcuni posti di lavoro, dall’altro favorirà la nascita di nuove professionalità, come per esempio nel marketing, dove molte aziende stanno cercando esperti che possano utilizzare l’IA per migliorare le loro strategie pubblicitarie.
“Esiste – spiega Moltrasio – una nuova generazione di professionisti del marketing che riflette l’evoluzione verso la digitalizzazione. Sono figure professionali già presenti sul mercato che si sposteranno progressivamente verso un’area di tipo consulenziale”. Le principali richieste da parte delle imprese riguardano, secondo la ricerca, la consulenza riorganizzativa dei servizi del marketing, l’ottimizzazione della stack tecnologica esistente in azienda, la consulenza sulle tecnologie di cui dotarsi.
Un mercato caldo quello dell’IA (anche dal punto di vista degli stipendi), che vedrà la nascita di inedite figure professionali, come i Conversational AI Developer, che utilizzano la tecnologia per creare annunci pubblicitari interattivi, con gli utenti che possono interrompere il flusso dell’annuncio e parlare direttamente con uno dei personaggi dello spot per fare domande sul prodotto/servizio e anche acquistare direttamente. Una nuova modalità di advertising che punta ad aumentare l’interesse degli utenti e migliorare la probabilità di conversione, cioè che gli spettatori compiano l’acquisto del prodotto o servizio pubblicizzato.
Rilevante interesse, sempre secondo lo studio di PHD, desta anche la figura del Decision Science: scienziati dei dati che addestrano algoritmi di apprendimento automatico per prendere decisioni di marketing. Si tratta di algoritmi che assegnano dinamicamente punteggi a un singolo utente o a gruppi di utenti conformi alle norme sulla privacy in base alla loro propensione all’acquisto, che cambia costantemente in base al loro comportamento online, e si connettono al DSP come fattore di offerta. Vengono addestrati per prendere 50.000 decisioni di offerta al secondo e scegliere l’asset pubblicitario da mostrare.
“La diffusione dei sistemi di IA generativa – dice Moltrasio – come emerge dalla nostra ricerca mostra come lo sviluppo di questi settori avanzati comporterà la nascita di nuove professioni, che ci consegnano il tema e la sfida di affrontare un grande reskilling professionale, paragonabile a quello vissuto durante l’industrializzazione e la prima era dell’informatica. La necessità di un continuo investimento in processi di formazione continua sin dall’inizio della carriera è un aspetto rilevante per il 52% degli intervistati. Processi di formazione continua che per le aziende e gli stessi lavoratori si traducono in un vantaggio competitivo”.
Ma quali saranno le skill più richieste rispetto a un mercato che vedrà sempre più presente l’intelligenza artificiale e la progressiva automazione di una buona fetta delle mansioni? La ricerca conferma come l’aspetto umano resterà fondamentale pur in un contesto altamente tecnologico e come, in particolare, la creatività rappresenterà un’esigenza fondamentale per una persona su tre.
“Questa forte domanda di creatività – continua Moltrasio – potrebbe trovare proprio risposta nell’adozione dell’IA, permettendo una crescita delle opportunità di sganciarsi dall’operatività per dedicarsi ad attività di pensiero. In generale vediamo che il mondo del lavoro richiede con sempre maggiore frequenza capacità di pensare in maniera analitica e creativa, la motivazione e la consapevolezza di sé stessi, la curiosità e l’apprendimento costante, delle buone basi di tecnologia, l’affidabilità e l’attenzione ai dettagli, l’empatia e l’ascolto attivo, la capacità di leadership e di influenza a livello sociale. Sono un insieme di elementi che concorrono a indicarci quali saranno le nuove geografie del lavoro e delle nostre società nell’era dell’IA. Uno scenario a cavallo tra presente e futuro prossimo, dove i lavori più difficilmente automatizzabili saranno quelli che richiedono competenze interdisciplinari, intelligenza emotiva e sociale”.