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Il mercato è cambiato nel corso degli ultimi due anni, ma le aspettative degli investitori rimangono un po’ troppo elevate, e probabilmente non in linea con quanto successo a livello macroeconomico e geopolitico. La survey di Natixis IM rileva infatti come per il 2023 gli investitori hanno attese sui ritorni dell’8,6% oltre l’inflazione. Inoltre, sebbene il 28% degli investitori sia preoccupato per l’aumento dei tassi, solo il 2% degli 8.550 investitori individuali intervistati sa correttamente cosa comporti un contesto di tassi in aumento per i propri investimenti.
Qualche domanda è lecito porsela, ma soprattutto il tema dell’educazione finanziaria si ripropone sempre più forte e importante (e non solo in Italia, ma questo non è certo una consolazione).
Ecco i dati della ricerca
Secondo un sondaggio globale condotto su un campione di 8.550 investitori individuali da Natixis Investment Managers (Natixis Im), gli investitori continuano a essere positivi riguardo alle proprie finanze, nonostante un’inflazione ostinata, la recessione incombente e i cali del mercato azionario dello scorso anno. L’indagine, condotta a marzo 2023 su investitori con un patrimonio investibile superiore a 100 mila dollari, ha rilevato che oltre due terzi degli intervistati (69%) hanno una visione positiva dello stato della propria situazione finanziaria, mentre solo il 22% si sente stressato.
L’economia e i mercati hanno subito cambiamenti significativi, passando da un mondo di bassa inflazione, bassi tassi ed elevate correlazioni a uno di inflazione più alta, tassi più alti e maggiori livelli di dispersione. Questi cambiamenti possono far emergere significative lacune nella conoscenza degli investimenti e nei portafogli di investimento, dato che per il 2023 gli investitori individuali si aspettano ancora di ottenere ritorni dell’8,6% oltre l’inflazione.
Ma il contesto economico è cambiato?
Gli investitori a livello globale sono pienamente consapevoli del cambiamento del contesto economico e, pur essendo in gran parte fiduciosi nel lungo termine, temono i rischi associati: due terzi (62%) degli investitori affermano che l’aumento dei costi quotidiani è la loro principale paura finanziaria.
Il 44% ha inoltre dichiarato di essere molto preoccupato per l’impatto sulle proprie finanze di una spesa ingente e inattesa, mentre il 36% afferma che uno dei maggiori timori è l’aumento delle tasse. Meno preoccupazione suscitano invece i costi dell’assistenza sanitaria (28%) o la perdita del lavoro (24%), nonostante i timori di recessione.
Nel lungo periodo, gli investitori individuali si aspettano ritorni del 13% oltre l’inflazione. Sebbene ancora elevato, il divario tra le aspettative degli investitori e ciò che i consulenti finanziari ritengono realistico si è ridotto dal 61% del 2021 al 42% di oggi.
Marco Barindelli, Responsabile per l’Italia di Natixis IM, ha dichiarato: “Dopo decenni di relativa calma e un decennio molto positivo per gli investimenti tra il 2012 e il 2021, con un ritorno medio dell’S&P del 13,7% annuo, la situazione è cambiata in modo significativo, ma sembra che gli investitori siano ancora ancorati ai risultati ottenuti in passato. Nell’ultimo decennio, con mercati che continuavano a fornire ritorni elevati ed una conseguente esaltazione degli investimenti passivi, alcuni investitori potrebbero aver perso di vista ciò che un approccio passivo puo’ consentire e quali sono i limiti connessi.
Ora credo si debbano rivalutare i portafogli ponendo al centro delle decisioni gli obiettivi finanziari a lungo termine aumentando la componente attiva nelle scelte di investimento. Sebbene vi sia sempre un posto per i prodotti passivi nel mix di investimenti, gli investitori dovrebbero riconsiderare le proprie ipotesi circa gli investimenti passivi prima di essere messi alla prova da un mercato più volatile con una maggiore dispersione dei rendimenti e che possa tradire nella valutazione ex post rispetto ai risultati effettivi di un portafoglio ben diversificato. È un passo che dovrebbe essere considerato con attenzione, specie se gli investitori si aspettano di realizzare elevate aspettative di ritorno”.
Serve più aiuto per rafforzare i portafogli
Più della metà degli investitori (58%) ha dichiarato che l’inflazione è la principale preoccupazione per gli investimenti e due terzi (66%) affermano che il carovita sta incidendo significativamente sulla capacità di risparmiare per la pensione. Il 60% ritiene di dover investire di più per compensare l’inflazione e il 76% afferma che l’aumento dei costi ha evidenziato la necessità di risparmiare di più, ma solo il 32% lo sta effettivamente facendo.
Dopo l’inflazione, il 38% ritiene che una recessione sia il rischio maggiore per il proprio portafoglio. Segue il 37% che individua la volatilità del mercato e il 28% che vede l’aumento dei tassi di interesse come le maggiori minacce per i propri investimenti.
In risposta al nuovo contesto, il 47% afferma di avere più fiducia nella sovraperformance delle obbligazioni nel 2023 rispetto alle azioni e il 46% ha aumentato i propri investimenti obbligazionari in risposta all’aumento dei tassi. Tuttavia, mentre quasi sei su dieci (59%) affermano di comprendere il ruolo delle obbligazioni nei portafogli e l’impatto dell’aumento dei tassi sulle obbligazioni (57%), quando è stato chiesto loro cosa succede alle obbligazioni in un contesto di aumento dei tassi, solo il 2% (171 su 8.550) degli investitori ha saputo fornire le risposte corrette, il 27% ha selezionato una sola risposta corretta e il 30% ha dichiarato di non saperlo.
Da un’impostazione una tantum alla ricerca di consulenza
Nel corso dell’ultimo decennio, gli investitori avevano generalmente assistito a una costante traiettoria al rialzo dei mercati, grazie ai bassi tassi e alle elevate correlazioni, che hanno reso interessanti i fondi indicizzati con bassi costi. Gli investimenti passivi e i portafogli “fai-da-te” hanno dato buoni risultati, ma oggi gli investitori si trovano adesso ad affrontare un contesto più complicato, in cui i portafogli devono essere ricalibrati al nuovo contesto di mercato. Solo circa sei investitori su dieci (63%) riconoscono che i fondi indicizzati forniscono ritorni paragonabili a quelli del mercato, mentre il 66% ritiene che i fondi indicizzati li aiutino a minimizzare le perdite e il 61% ritiene che tali strumenti siano meno rischiosi rispetto ad altri investimenti.
Il 26%, inoltre, definisce il rischio come esposizione del proprio patrimonio alla volatilità e il 23% come perdita di ricchezza. Per quanto valido, sembra che gli investitori abbiano perso di vista il quadro generale, dato che solo l’11% definisce il rischio in termini di mancato raggiungimento degli obiettivi finanziari a lungo termine. I consulenti finanziari, invece, hanno il doppio delle probabilità di definire il rischio in termini di mancato raggiungimento degli obiettivi finanziari (24%), il che dimostra i vantaggi di rivolgersi a un professionista finanziario, più propenso a concentrarsi sul lungo termine. La recente inflazione ha evidenziato l’importanza della consulenza finanziaria per il 68% degli intervistati, ma solo il 51% ritiene di aver bisogno di una consulenza professionale per gli investimenti. Alla domanda su quali servizi di consulenza siano più interessanti, la pianificazione finanziaria e la pianificazione del reddito pensionistico sono in testa, rispettivamente con il 46% e il 43%. Alla domanda specifica sugli investimenti, il 43% degli investitori desidera che il proprio consulente offra loro investimenti sostenibili, opportunità di investimento sui mercati privati (34%) e strategie di investimento efficienti dal punto di vista fiscale (32%).
Aspettative elevate
Nonostante la flessione dello scorso anno, quando la maggior parte dei principali indici ha registrato perdite a doppia cifra , gli intervistati hanno dichiarato di aver generato ritorni positivi in media dell’1,9%. In Italia la media dei ritorni al di sopra dell’inflazione nel corso del 2022 si è attestata sull’1,2% (a fronte della media globale dell’1,9%). Sul fronte delle attese di rendimento quest’anno, inoltre, l’Italia è all’11,5%, più avanti rispetto alla media globale 8,6%. Al contrario, con una prospettiva di lungo periodo, il dato italiano scende al 9,6%, leggermente più in basso rispetto alla media di attese di ritorno registrata su scala globale, che arriva al 12,8%.
La maggior parte sembra prevedere un ritorno al mercato toro che ha generato rendimenti totali medi annui del 14,6% dallo S&P tra il 2012 e il 2021, compresi guadagni del 30% nel 2019, del 18% nel 2020 e del 28% nel 2021. Le aspettative di rendimento a lungo termine, pari al 13% annuo, riflettono questo elevato livello di ottimismo. Per il 2023, gli investitori individuali hanno aspettative di rendimento medio dell’8,6% al di sopra dell’inflazione. Ciò si aggiunge alle aspettative di rendimenti reali del 13,6% o più in molti Paesi quest’anno, ipotizzando un’inflazione del 5%.