«Quando sentiremo l’ultimo avviso del “Si chiude!”, solo allora il terrore, come molla, ci butterà in piedi al grido di “Vogliamo campare!”. Eh no: È troppo tardi, coglioni!»
Queste righe sono tratte da un libretto scritto da Dario Fo nel 2008 e ancora disponibile in edizione economica. Il titolo, tutto un programma, è “L’Apocalisse rimandata, benvenuta catastrofe”.
Di cosa parlava il Maestro premio Nobel per la Letteratura 1997? Della fine del mondo causata dal riscaldamento globale (all’epoca erano veramente in pochi a preoccuparsene) ma con la verve comica che lo caratterizzava, Fo ribalta il punto di vista e trova la salvezza nel fatto che “da un giorno all’altro le lampadine non si accendono più, frigorifero è spento; crollano banche e assicurazioni e il denaro non vale più; tornano in auge le biciclette e l’energia pulita finalmente si afferma; le guerre del petrolio non hanno più ragione di esistere“.
Se Dario Fo lanciava questo monito 15 anni fa, Antonio Guterres è stato ancora più incisivo durante l’ultima COP27 in Egitto, di cui abbiamo ampiamente scritto sul sito.
Non è però del godibilissimo libro di Dario Fo né del grido di allarme di Guterres che voglio parlarvi oggi, care lettrici e cari lettori, ma dell’ultima fatica dell’economista americano Jeremy Rifkin, dal titolo “L’età della resilienza: Ripensare l’esistenza su una Terra che si rinaturalizza“, pubblicato in italiano da Mondadori.
Rifkin, che io considero uno dei visionari più geniali che ci siano al mondo, l’abbiamo citato più volte in questo sito. Basti pensare che nel 1995 aveva previsto la “fine del lavoro” a causa dell’automazione con robotica e AI. Cosa che sta succedendo ora! Se provate a rileggere oggi “La fine del lavoro. Il declino della forza lavoro globale e l’avvento dell’era post-mercato” vi sembrerà scritto solo pochi mesi fa, tanto è attuale.
Rifkin ha scritto vari libri che trattano di terza rivoluzione industriale, di allevamenti intensivi, di economia dell’idrogeno, di “green deal” e nel corso del tempo si è sempre più interessato ai problemi della Terra e a come porre rimedio alle devastazioni che l’economia capitalistica ha creato e che ci hanno portato al “punto di non ritorno” di cui parlava Dario Fo all’inizio di questo articolo.
Questo nuovo libro di Rifkin prospetta una nuova “Economia della Resilienza” e denuncia come la Natura stia riprendendosi ciò che l’Uomo le ha tolto nel corso degli ultimi decenni.
Ecco l’introduzione: “I virus continuano ad arrivare. Il clima continua a riscaldarsi. E la Terra si sta rinaturalizzando. Abbiamo a lungo pensato di poter costringere il mondo naturale a adattarsi alla nostra specie e ora subiamo la sorte umiliante di essere costretti a adattarci noi a un mondo naturale imprevedibile. La nostra specie non ha una valida strategia per il caos che si sta dispiegando intorno a noi.”
L’autore si chiede come ha fatto la più giovane specie di mammiferi sulla Terra, con alle spalle una storia di soli 200.000 anni di cui il 95% del tempo vissuto come gli altri esseri viventi, a diventare il predatore che ha quasi messo in ginocchio la natura, per poi vederla tornare tumultuosamente a liberarsi di noi.
Nel suo nuovo libro Rifkin ci avverte che il cambiamento climatico indotto dall’uomo ci sta portando alla sesta estinzione di massa della vita sulla Terra. E se queste evidenze erano finora note solo a una minoranza di scienziati (peraltro poco ascoltati da politici e decisori), adesso la società civile ha preso coscienza del problema basti pensare ai tanti giovani che scendono in piazza con “Fridays for Future” o i cosiddetti “gretini” che buttano vernice sui monumenti per farsi ascoltare dai potenti.
Secondo Rifkin l’Età del Progresso è oramai terminata. Il problema, non di poco conto, è che noi, la razza umana, dobbiamo ripensare tutto: la nostra visione del mondo, la nostra concezione dell’economia, le nostre forme di governance, i nostri concetti di tempo e spazio, le nostre pulsioni più basilari e il nostro rapporto con il pianeta.
Il libro di Rifkin, va ricordato, è un libro di economia scritto da un economista, che cerca di spiegare come si è arrivati alla società attuale e come liberarsi da questo “giogo” che ci siamo messi al collo da soli. Il lettore appassionato di tematiche come industrializzazione, taylorismo ed efficienza produttiva della forza lavoro, applicazione delle tecnologie alla produzione e alla vita civile, troverà pane per i suoi denti. Si parla di globalizzazione, della fine del lavoro, della privatizzazione delle risorse (come l’acqua), di consumi e risparmio, tutti temi cari all’autore e ai suoi lettori. Rifkin ovviamente spiega anche il suo punto di vista su come l’Uomo dovrebbe affrontare il cambiamento in quella che lui chiama l’Età della Resilienza, che sta prendendo il posto dell’Età del Progresso.
Concludendo, un libro molto interessante per chi è appassionato sia di economia sia degli scritti di Jeremy Rifkin, che stavolta ci prospetta una nuova Economia della Resilienza. Tenendo presente che l’autore ci ha sempre “azzeccato” in passato, scrivendo con decenni di anticipo ciò che è poi regolarmente avvenuto, sarà il caso di non sottovalutare questo libro. A coloro invece che prediligono l’aspetto più “climatico” o “ambientale” del problema in esame, non suggerisco questo libro, ma consiglio di leggere l’ultima fatica del climatologo Luca Mercalli, di cui ho scritto giusto un anno fa in questo articolo sul sito.
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