Emergenti e tematici sono i “place to be” secondo Carlo Benetti, market specialist di GAM SGR. La crisi di fiducia che si sta espandendo negli Stati Uniti e in Europa – Eurozona di sicuro, ma anche Svizzera e Gran Bretagna – rende più complicato individuare le aree in cui investire. I Paesi emergenti e gli investimenti tematici si candidano così a diventare due filoni di investimento per le loro caratteristiche: politiche monetarie più rilassate e driver sottostanti di crescita di lungo termine. Riportiamo qui sotto il suo intervento.
La fiducia è la moneta di corso legale nelle transazioni economiche di tutte le epoche, la valuta che lubrifica e mantiene efficiente l’intero sistema. Quando viene a mancare la fiducia, il meccanismo rallenta, batte in testa, si ferma. In queste settimane la fiducia degli operatori è stata potentemente squassata, dalla California lo sciame sismico ha rapidamente attraversato l’Atlantico e ha fatto tremare le banche europee.
La fiducia è indispensabile all’efficienza del sistema finanziario, il sistema nervoso di qualsiasi organismo economico, le banche si innervano nell’economia reale, gli impulsi del credito sono i neurotrasmettitori che stimolano o rallentano l’attività economica, a seconda dei segnali inviati dalla banca centrale. In questi giorni i segnali sono contraddittori.
La giornata di venerdì è stata la risposta a quanti si chiedevano se le crepe del sistema finanziario potessero restare confinate negli Stati Uniti e in Svizzera. Un annuncio di riacquisto totalitario di debito Tier 2, operazione in genere accolta con favore, ha sortito l’effetto opposto di esacerbare la diffidenza, la paura del contagio si è estesa, le banche europee hanno trascinato con sé i listini di tutta Europa nel timore di un altro fine settimana di passione che avrebbe potuto portare la notizia di qualche ulteriore salvataggio straordinario.
Eppure, i livelli di liquidità delle banche europee sono mediamente superiori ai parametri stabiliti dalle norme, i risultati della pulizia dei bilanci sono soddisfacenti. La storia è quindi soprattutto una storia americana, le regole dell’Eurozona più stringenti, la solidità delle banche europee un fatto.
Nonostante l’economia americana si dimostri più resistente di quanto si pensasse, l’inasprimento delle condizioni del credito non potrà non avere effetti sull’attività economica. Il movimento dei tassi è come un aggiustamento di faglie geologiche, anni di assuefazione al denaro facile fanno sì che il ritorno alla normalità scuota il sistema economico, danneggi e faccia crollare le costruzioni più fragili. Fuori di metafora, quegli investimenti a più elevato rendimento fatti quando il rendimento era raro e sottoscritti senza badare troppo alla qualità, ora vengono sottoposti a più severo scrutinio.
La mano di Powell non è stata così risolutiva, il banchiere centrale più importante del mondo alimenta l’ambiguità: le tensioni nelle banche regionali di medie dimensioni accorciano il ciclo di inasprimento dei tassi e ne smussano l’intensità, ma nello stesso tempo il capo della Fed ammette di non poter dire come la banca centrale agirà nell’immediato futuro in merito alle tensioni bancarie.
Le ambiguità di Powell dividono i commentatori e gli operatori, il primo argomento avvicina il tasso terminale, il secondo lo mantiene ancora nell’incertezza, ambiguità che conferma l’andamento non lineare dei cicli economici e la fragilità delle previsioni: la curva dei tassi a brevissimo termine prezza negli Stati Uniti tagli per quasi un punto da qui a fine anno ma si tratta di previsioni suscettibili di cambiare rapidamente, come è accaduto negli ultimi mesi.
L’imprevisto è imprevedibile per definizione, e nessuno aveva previsto i violenti scossoni della crisi bancaria, però si può prevedere che gli imprevisti accadano, acqua al mulino della fedeltà al metodo.
Dal punto di vista delle scelte di investimento, la bussola da seguire è ancora quella dei tassi di interesse, la loro dinamica determina la preferenza relativa verso le attività di rischio. La mano di Powell ha aumentato i tassi, segnalando la priorità riservata alla crescita dei prezzi, ma di un quarto di punto, riconoscendo le fragilità del sistema bancario americano.
Perché gli asset rischiosi tornino appetitosi in termini relativi, l’inflazione dovrà diminuire più rapidamente e senza tentennamenti.
I mercati emergenti si presentano ancora un luogo abitabile per gli investimenti, non sono attraversati dal nervosismo che riguarda invece il sistema bancario delle economie avanzate e hanno dalla loro parte migliori prospettive di crescita.
Gli investimenti tematici, come il lusso o la tecnologia, poggiano su dinamiche pluriennali che fanno superare la volatilità di breve termine.
Detto questo, ricordando ancora una volta che le previsioni sono esercizio vacuo, e quelle sull’inflazione sopra tutte, la sfida per gli investitori è evitare le lusinghe delle narrazioni semplificatorie: meglio tenere d’occhio gli obiettivi di lungo periodo, troppo difficile costruire valore nel breve termine, quando gli scenari (ovvero le narrazioni) si avvicendano con una rapidità tale da rendere poco efficaci gli aggiustamenti tattici dei portafogli.